(Permeated Records, 2014)
1. Weaponry Wisdom
2. Thin the Herd
3. Brotherhood (Omertà Part II)
4. 8.9.3
5. High Lead Intake
6. O.O.O / T.T.T
7. Vale Tudo
8. I Am Violence
9. C21H23NO5 (Heroin)
10. Dogma
Probabilmente in pochi si ricorderanno di loro, vuoi perché poco conosciuti al di fuori dell’underground locale, vuoi perché rimasti a lungo in stasi dopo la pubblicazione del secondo disco, i Soils of Fate non hanno mai goduto di grande popolarità. Si tratta in ogni caso di una formazione svedese attiva dal 1995 e da sempre dedita ad un groovy brutal death metal imbastardito con dosi di NYHC.
Dopo ben undici anni dal precedente Crime Sindacate i Nostri tornano alla ribalta con nuovo album intitolato Thin the Herd. Nonostante tanto tempo le caratteristiche principali della band sembrano essere rimaste immutate: ci troviamo dunque di nuovo davanti un death metal becero e brutale fortemente debitore di Dying Fetus e Internal Bleeding, imperniato su immediatezza e cafonaggine, una formula che riesce a dare il meglio in sede live ma può stancare velocemente su disco, soprattutto se non si posseggono le doti delle due formazioni citate poc’anzi. I brani si presentano compatti, sono caratterizzati da una durata compresa fra i tre e i quattro minuti e mezzo e scorrono via piuttosto agilmente senza infamia né lode. Purtroppo la loro semplicità è anche il loro tallone d’Achille: il disco infatti tenderà ad annoiarvi dopo alcuni ascolti e risulterà di scarsa attrattiva verso tutti coloro che non masticano solitamente il genere.
“Weaponry Wisdom” rispecchia in maniera piuttosto fedele l’anima di questo platter, si parte subito in quarta sciorinando riff quadrati e midtempos cadenzati accompagnati da una batteria scalpitante mai avara di blast-beats. “Brotherhood (Omertà Part II)” è la tipica cavalcata muscolosa basata su ritmiche incalzanti, riff semplici di facile assimilazione ed alcuni rallentamenti spezzacollo tanto cari al brutal death newyorkese. Giunti dalle parti di “Vale Tudo” faranno capolino svariati richiami ai Misery Index, altra formazioni da cui i Soils of Fate traggono parecchia ispirazione, che danno vita ad un brano compatto di chiara matrice death/grind. Stesso discorso per la conclusiva “Dogma”, che ricorda a più riprese “The Spectator” dei sopracitati Misery Index; in questo brano i nostri si barcamenano tra riff poderosi ed accelerazioni terremotanti, sorrette da un basso sempre presente in primo piano, con la chiusura affidata ad un breakdown pesantissimo atto a scatenare l’inferno in sede live.
Parliamoci chiaro: Thin the Herd non sarà mai un must have album, si tratta di un disco onesto e senza pretese, perfetto per godersi mezz’ora di ignoranza sonora in salsa death metal e dare sfogo alla propria rabbia repressa. Se amate tale proposta musicale dategli almeno un ascolto, in caso contrario passate pure oltre.
6.5