1. M.A.L.
2. Inherit the Crown
3. Cease to Exist
4. Sacred Words
5. Control (ft. George “Corpsegrinder” Fisher)
6. Warrior
7. You Can’t Stop Me
8. Monster Within (ft. Greg Puciato)
9. We Have All Had Enough
10. Ending Is the Beginning
11. Don’t Die
12. Ouroboros
Sin dal primo novembre 2012, giorno successivo alla prematura dipartita del carismatico frontman Mitch Lucker, ci sono stati speculazioni ed intensi dibattiti sul futuro dei Suicide Silence, tra voci discordanti di chi ne chiedeva lo scioglimento, chi un cambio di nome, chi ancora riteneva dovessero andare avanti senza alcuna variazione. Fatto sta che i giovani californiani si sono trovati ad affrontare un dilemma, ma fortunatamente dopo un ovvio periodo di riflessione i Nostri si sono rimboccati le maniche e hanno iniziato la ricerca di un nuovo vocalist, culminata lo scorso anno con la scelta del poliedrico Hernan “Eddie” Hermida, in forza agli All Shall Perish, ma tutto questo sarà stato sufficienti per tornare ai vecchi fasti?
Dopo un’attesa piuttosto fervente, giunti nel bollente mese di luglio i Suicide Silence hanno finalmente spalancato il sipario rivelando al pubblico la loro ultima fatica You Can’t Stop Me, un titolo forte che pare un chiaro messaggio rivolto a tutti quanti, fans ed haters: nessuno può porre fine alla voglia di fare e di suonare che anima il quintetto di Riverside e questo è certamente un bene, ma non saranno certo le parole a determinare se tale intento è stato rispettato o meno, quindi immergiamoci nella tracklist per poter testare con mano il nuovo materiale.
Dopo una breve intro strumentale veniamo accolti da “Inherit the Crown”, un brano dal tiro moderno conforme ai nuovi canoni del deathcore, caratterizzato da un riffing energico e cadenzato allo stesso tempo, mid-tempos classici ed alcuni immancabili stop’n’ go. La successiva “Cease to Exist”, primo singolo estratto dal disco, si dimostra essere il tipico brano immediato, coinvolgente adatto ad incendiare gli animi della folla in sede live: riff veloci, batteria martellante, ritornello catchy e un testo vagamente “incazzato”. Molto interessante anche “Control”, altro brano dal tiro tipicamente death metal, con un piglio aggressivo, vicino a quanto proposto dai Nostri nel primo album The Cleansing, con fraseggi rapidi tra chitarra e basso, mid tempos tritaossa e l’intervento del carismatico e profondo vocione di George “Corpsegrinder” Fisher, vocalist dei seminali Cannibal Corpse e Path of Possession, che dona maggior spessore e cattiveria ad un brano di per se già azzeccato, che si conclude con un sempreverde break down. La title-track non intende certo far scemare il livello di adrenalina, quindi avanti ancora con assalti in doppia cassa e riff massicci, il tutto rifinito da un buon guitar solo centrale. Pensavate che le soprese fossero finite? E invece no, ecco la scoppiettante doppietta formata da “We Have All Had Enough”, che inizia pacatamente per poi esplodere in una ritmica incalzante nella quale si intravede lo stile degli ultimi All Shall Perish, in una commistione di melodic-death metal dalle tinte apocalittiche e deathcore becero e pesante che crea una piacevole ed efficace dualità, e “Ending Is the Beginning” (titolo dato anche al live organizzato in memoria dello scomparso Mitch), brano violento, rapido e diretto, quasi una “Unanswered 2.0” tutta muscoli e velocità folli con una continua alternanza da parte di Hermida tra screaming e growl profondo. Molto bene anche “Don’t Die”, brano conforme agli standard ma a suo modo anche piuttosto personale, all’interno del quale i Suicide Silence sono riusciti a codificare il giusto equilibrio tra disturbanti tempi dispari tipici degli ultimi Whitechapel e l’immediatezza di certi brekdown facilmente memorizzabili.
Qual’era il quesito di partenza? Ah sì, se i Suicide Silence sarebbero riusciti a tornare in pompa magna pronti a reclamare un posto sul podio del deathcore. La risposta è sì, senza ombra di dubbio! Il founder Chris Garza e soci hanno fatto un lavoro egregio, dimostrando al pubblico non solo una completa padronanza del genere in questione ma anche una vena creativa decisamente brillante: in un panorama fin troppo affollato ed ostile come quello “–core” dei giorni nostri possiamo con piacere augurare un bentornati ai Suicide Silence.
8.0