(Dynamic Arts Records, 2013)
01. Devil’s Reject
02. Phobia
03. Await His Third Arrival
04. Written In Blood
05. Faces Of My Victims
06. March Of Death
07. The Book Of Dying World
08. Epitaph
09. Voices
Quando ci si approccia ad un album dei Torture Killer si sa bene a cosa si va incontro ancora prima di farne partire la riproduzione; in questo caso però non è affatto una nota negativa, anzi, è quasi rassicurante trovarsi ancora una volta ad ascoltare il loro groovy death metal dalle radici ben salde nella vecchia scuola di matrice americana, dotato di un carisma superiore alla media e basato su strutture di facile assimilazione, che rendono ogni disco altamente fruibile e accattivante.
Giunti al traguardo della quarta pubblicazione da studio i Torture Killer ci offrono questo Phobia, un disco che prosegue sulla strada tracciata dal precedente Sewers, mantenendone intatti tutti i lati positivi e andando ad aggiungere una ventata di freschezza sotto forma di alcune soluzioni melodiche e mid-tempos dal vago sapore thrash ottantiano, che amplificano l’immediatezza e l’atmosfera old-school. La parola chiave di questo disco è “semplicità”: ogni singolo brano presenta una struttura ed un songwriting piuttosto semplice e lineare, ma attraverso il sapiente uso di melodie ficcanti e di una serie di riff old-school death metal dannatamente efficienti i Torture Killer riescono a creare un’alchimia che funziona e che riesce a rapire l’attenzione dell’ascoltatore fino all’ultimo minuto. I nove brani che compongono Phobia, fatta eccezione per la strumentale “Epitaph”, sono allo stesso tempo simili e diversi tra loro, ed è proprio in questa particolarità che si nota la bravura e l’acume compositivo della band, la quale dopo alcuni importanti cambi di line-up e dopo due primi album non convincenti al 100% è riuscita finalmente a trovare la propria dimensione ed il proprio stile. La prima traccia “Devil’s Reject” attacca con un riffone quadrato, si affida ad alcuni giri di chitarre monolitici ma orecchiabili allo stesso tempo e poi mostra la propria anima old-school sfoderando ritmiche cadenzate, ammantate da un’atmosfera tipicamente mortifera che pare nascere da un incrocio tra gli Entombed e i primi Autopsy; segue la titletrack, che invece si basa su quanto proposto dalla scena floridiana degli anni ‘80, arricchendo il tutto con l’ottimo growling cavernoso e avvolgente del frontman Pessi Haltsonen, che dona un’impronta davvero personale a “Await His Third Arrival”, brano che assomiglia molto a “Phobia” pur avendo un mood più oscuro. Il premio al brano migliore spetta a “Written in Blood”, scritta e cantata in collaborazione con Chris Barnes, il vecchio vocalist dei Cannibal Corpse ora in forze ai Six Feet Under, ed è proprio allo stile di quest’ultimi che si rifanno le trame del brano in questione, il cui inizio è affidato ad alcuni riff melodici dal sapore hard-rock che sfociano in un assalto frontale di pura violenza old-school death, con mid-tempos poderosi e notevoli sferzate della coppia basso-chitarre. Il resto delle tracce si mantiene coerente con la parte iniziale dell’opera, attraverso un sapiente e continuo alternarsi di melodie tenebrose ed evocative con parti più dirette e cariche di groove; una piccola nota finale per “The Book of a Dying World” ossia il pezzo più lungo e completo dell’album, in cui ancora una volta fanno capolino alcuni richiami agli Autopsy sotto forma di alcune digressioni doom/death metal.
Phobia è un disco che mette tanta carne al fuoco ma che riesce comunque a non perdere di vista i propri obiettivi, dando origine a un mix distruttivo, pregiato e carismatico. Si tratta di un’altra vittoria portata per i ragazzi di Turku: i Torture Killer hanno dimostrato di saper maneggiare e rielaborare in maniera convincente il death metal di vecchia scuola, e pur senza variarne i punti principali sono riusciti nell’ardua impresa di aumentarne la fruibilità e la longevità. A fronte di tutti questi obiettivi centrati in pieno non si può che premiarli con una votazione decisamente positiva.
7.5