(Relapse Records, 2012)
1. Vortex Macabre;
2. Effigies of Evil;
3. In the Dead we Dwell;
4. Curses Scribed in Gore;
5. Crumbling Insanity;
6. Summoned into Euphoric Madness;
7. Evoken Vulgarity;
8. Retribution in Eternity
Lasse Pyykkö è un nome abbastanza conosciuto all’interno del circuito death metal, in particolar modo per quel che riguarda l’ambito più old school del genere: componente fondamentale degli indimenticabili Phlegethon agli inizi dei ’90 (in una scena, quella finlandese, che non aveva/ha nulla da invidiare a quella svedese), torna alla ribalta negli ultimi anni con il suo progetto tutto personale Claws, come vocalist per gli Acid Witch e con gli Hooded Menace, coi quali è riuscito a raccogliere tantissimi consensi in pochissimo tempo.
Effigies of Evil segna il definitivo passaggio sotto Relapse Records dopo un debutto per Razorback Recordings ed il secondo album licenziato dalla Profound Lore; come intermezzo sono usciti almeno cinque split con gruppi di tutto rispetto quali Asphyx e Coffins. Questi ultimi due sono sicuramente due delle influenze maggiori in un sound, quello degli Hooded Menace, fatto di un lento e lacerante death/doom basato quasi solamente su mid tempos e qualche interferenza di doppia cassa; su tutto la voce di Lasse risalta come sempre, con un growl profondissimo e scandito come pochi. Effigies of Evil segue il percorso più maturo e pulito intrapreso col precedente Never Cross The Dead, lasciando da parte il lerciume di Fulfill The Curse, a detta di molti il miglior lavoro del gruppo; in più troviamo ancora più accennato un certo groove che accompagna tutti i brani del disco, spesso accompagnato da linee melodiche azzeccate e coinvolgenti, come in “Summoned into Euphoric Madness” o in “Curses Scribed in Gore”. Il pericolo insito in un genere come questo, e i giapponesi Coffins lo sanno bene, è la monotonia. Purtroppo nemmeno questo album riesce a scamparlo: un po’ come succede per tutta la discografia Hooded Menace, i brani sembrano davvero troppo simili l’un l’altro e i tempi e i riff di chitarra sono tutti molto somiglianti fra loro, se non quasi identici.
Poco cambia nell’approccio alla musica negli Hooded Menace, e questo è un punto a loro favore, ma alla fine i loro album davvero sembrano quasi tutti uguali e difficilmente superano la prova del tempo (Claws e Phlegethon se li mangiano a colazione, insomma). Effigies of Evil in questo senso non fa differenza, riteniamo quindi di consigliarlo solo ai fan più accaniti del gruppo finlandese, tutti gli altri possono accontentarsi tranquillamente del primo album.
6.0