(Denovali Records, 2012)
1. Glorification of the Chosen One;
2. Death Must Be the Place;
3. Questions and Answers;
4. Blackness;
5. Anxiety, Despair and Languish;
6. The Roof;
7. Years Later;
8. A Necessary Leap;
9. Underbelly;
10. Blind Idiot God;
11. Inwards Disclosure;
12. Unyielding, Unwavering;
13. My Utmost for His Highest
Abbiamo lasciato i Lento lo scorso anno con l’inaspettato Icon (diciamocelo, le prime due uscite sono gradevoli ma niente che possa reggere il confronto) che è risultato essere decisamente l’apice compositivo del gruppo romano; nel frattempo la Denovali Records ha curato la pubblicazione di un loro live album, di cui esiste anche una versione in cassetta in uscita per l’italiana Morthership, mentre il gruppo ha continuato un lunghissimo tour a sopporto dello stesso Icon. Ora, nel 2012, ci troviamo davanti al seguito di quell’uscita che fece tanto scalpore: vediamo dunque di che cosa sono stati capaci questa volta i Lento.
Se in Icon erano un massiccio sludge doom, influenzato anche da Neurosis ed Isis, e un muro di suono davvero invalicabile a farla da padroni, in Anxiety Despair Languish c’è qualcosa di più, potremmo dire molto di più. La ricerca musicale dei Lento sembra ora comprendere elementi molto diversi fra loro, discostandosi anche dalle etichette precedentemente affibbiate al gruppo, portandosi verso un disco che sembra più un fluire continuo che un’uscita fatta da diversi capitoli a sé stanti come poteva essere il precedente album. Accanto a brani che rispecchiano il passato in maniera più lineare come “Blind Idiot God”, “Glorification of the Chosen One” o “Questions and Answers”, troviamo qualche novità dal sapore inaspettato: “The Roof” e “My Utmost for His Highest” sanno di post rock in più di un’occasione, “Death Must Be the Place” con il suo intermezzo acustico probabilmente risulta essere il brano più oscuro e riuscito di tutto il lotto, “Years Later” sembra un estratto di matrice pinkfloydiana, per non parlare di “Blackness” che pare voler fare il verso ai progetti più jazz usciti per Denovali Records. Il paralizzante muro di suono del precedente album non è assolutamente l’unica caratteristica di Anxiety Despair Languish: nonostante le tre chitarre facciano sempre il loro lavoro (e quando vogliono picchiare duro lo fanno senza problemi), si aprono diversi spiragli melodici che in Icon non avevano trovato spazio, e viene valorizzato ancora di più il ruolo del basso che trova qui una sua dimensione perfetta, sentire “Glorification of the Chosen One” o “A Necessary Leap” per credere. Dualità sembra la parola chiave per capire l’essenza del sound dei Lento, almeno a livello musicale. Da un lato ripensiamo alle caratteristiche delle scorse uscite e ne notiamo il filo conduttore anche con quest’ultima, ma dall’altro è impossibile non accorgersi dei nuovi elementi in esso (talvolta sembra spuntare addirittura qualche influenza black metal di ultima generazione) e dell’impressionante lavoro di composizione che vi sta dietro.
Un plauso va quindi ai Lento che ancora una volta centrano l’obiettivo dando alle stampe un disco decisamente più vario di Icon, ma che ne raccoglie l’eredità e la pesantezza in maniera ottimale, dando in pasto ai fan un’uscita decisamente complessa che non si esaurisce certo nel giro di qualche ascolto dato dall’euforia del momento. Non solo sludge, quindi, ma molto altro che ci sentiamo di premiare con piacere.