(Napalm Records, 2011)
1. Forty Seven
2. Fifty
3. Forty Eight
4.The Cynic
5. Forty Nine
6. Fifty One
7. Jimmy D
8. Never Say Die (Black Sabbath Cover)
Se c’è un genere che non delude (quasi) mai, quello è lo stoner. I Karma to Burn tornano a un solo anno di distanza dal precedente Appalachian Incantation con uno degli album più dinamici della loro carriera.
Ma prima, un po’ di storia. Il trio di Morgantown, West Virginia, si forma nel 1997 (ossia appena qualche anno dopo lo scioglimento dei più noti padrini, i Kyuss) e va in pausa solo cinque anni dopo. L’anno scorso, a quasi un decennio di distanza, la band si riforma sfornando uno dei migliori album dell’anno. Nel 2011, Daniel Davis (figlio d’arte e chitarrista/cantante dei californiani Year Long Disaster) già presente come ospite su Appalachian Incantation, entra in pianta stabile nella band, dando nuovamente voce ai Karma to Burn. Ma, conformi al loro stile imprevedibile, lo stesso Davis lascia la band poco prima dell’uscita ufficiale dell’album, facendo tornare la band alla formazione originale a tre.
V, come si intuirà, è il quinto album della band. Sviluppato sulla lunghezza di otto brani (per una quarantina di minuti totali), è simbolicamente divisibile lungo due percorsi principali. Da un lato le tracce strumentali, come di consuetudine semplicemente numerate e poste in un ordine che, quantomeno per il sottoscritto, non ha spiegazioni esatte. Dall’altro, i tre brani cantanti dal suddetto Davis, che sono poi “The Cynics”, “Jimmy D” (forse il pezzo più riuscito dell’album) e la cover sabbathiana di “Never Say Die”. Pur essendo presenti tutti gli elementi tipici di quel desert / stoner rock di cui si accennava prima, la band non va tanto per il sottile. Le canzoni, come detto, sono veloci, dinamiche, ben costruite e preferiscono spesso uno stile intriso di continui groove chitarristici e a suo modo aggressivo, anziché adagiarsi su atmosfere dilatate o sull’utilizzo di delay. Questo rende i brani nel complesso relativamente brevi (quantomeno se paragonati alla lunghezza media di un disco stoner) e dunque facili da ricordare. Sulla qualità della produzione, “polverosa” e distaccata al punto giusto, le parole da spendere sono ben poche.
Se conoscete già i Karma to Burn sapete bene che cosa aspettarvi e non ne rimarrete certo delusi. Qualora ignoriate il loro potenziale, invece, si consiglia di correre ai ripari.
Voto: 7,5