(Willowtip, 2013)
1. Initiation
2. Naraka
3. Verblendung
4. Lusting for Trascendence
5. The Purging
6. Verses of Deformity
7. Perspectives
8. Frenzy
9. Martyrium
Bentornati Defeated Sanity! Se, come chi scrive, anche voi foste fans di questa band già da qualche anno, potreste tranquillamente smettere di leggere questa recensione e procacciarvi direttamente il nuovo album: chi, infatti, conosce il sound del quartetto tedesco sa benissimo cosa aspettarsi e il nuovo full-length Passages into Deformity non tradisce davvero nessuna aspettativa.
Se, nel corso degli anni, fra assestamenti di line up, miglioramento delle capacità tecniche ed evoluzione dei gusti musicali personali, tendenzialmente, lo scopo d’una band dovrebbe essere quello di crescere, beh, ladies and gentlemen, qua abbiamo un gruppo che, attivo dal ’94 (!!), dopo avere coltivato con passione i semi della propria peculiarità, se ne esce con un disco che suona Defeated Sanity al 100%. La personalità dei quattro tedeschi, infatti, trasuda per ciascun secondo del disco: capaci, in passato, di mettere “svise” post-core in un marasma brutal death figlio dei Disgorge (US), accompagnandolo talora con momenti fusion e inattese atmosfere in cui entravano anche archi e chitarre acustiche (allontanando l’orribile effetto pacchiano che nove volte su dieci si ha quando, in ambito metal, si cerca di fare qualcosa “di più”, oltre i confini tout court del genere), i Defeated Sanity del 2013 dimostrano ormai di sapere maneggiare con estrema nonchalance i riferimenti dei loro stilemi personali.
Dopo l’incredibile – minato solo da una produzione sottotono – Psalms of the Moribund (2007), e il controverso Chapters of Repugnance (2010), che li ha portati ad un pubblico maggiore anche grazie alla performance vocale di un certo A.J. Magana, è un ovvissimo dato di fatto che i Disgorge (US) del periodo di Consume the Forsaken e i Suffocation di Pierced from Within siano i numi tutelari dei Nostri, i quali, però, non dimenticano il motto d’annunziano memento audere semper, aggiungendo così al loro talento naturale capacità, creatività e voglia di sperimentazione, partorendo questo Passages into Deformity. Il full length, infatti, brilla di luce propria per sapere miscelare con intelligenza e gusto – non mi stupirei che la band componesse i propri pezzi con vere e proprie jam sessions, piuttosto che con pianificazioni “a tavolino”, come sovente succede per molte technical brutal bands – il brutal death più verace, “suonato” e violento con le dissonanze e le soluzioni di certi Converge, il virtuosismo batteristico della fusion ed atmosfere malsane che potrebbero stare in qualsiasi disco di musica estrema (penso alle code elettroniche presenti in chiusura di molte songs, in particolare quella di “Verblendung”, dal ricercato sapore Godflesh).
La grandezza dei Defeated Sanity dunque sta proprio, per usare una metafora culinaria, nel sapere come mischiare i sapori dei propri piatti, inserendo lo sperimentalismo non come una spezia che rischia di snaturare il gusto della portata, ma come quel “di più” che dà loro le mosse vincenti per diventare (oddio, sto per dire qualcosa di veramente kitsch: perdonatemi!)… Masterchefs of Brutality.
Gli unici nei del lavoro del quartetto, forse, stanno talora nell’eccessivo compiacimento che porta alcuni pezzi a diventare troppo lunghi, per quanto minuziosamente ed efficacemente arrangiati (“Naraka”, “Perspectives”); per il resto si tratta d’un lavoro azzeccato, in cui i vecchi Suffocation – sia quelli lenti, padrini (sic) dello slam, sia quelli, ebbene sì, più tupa-tupa oriented – vanno a braccetto coi Disgorge più malsani, fatti a fette fra droni (la parte centrale della bellissima “The Purging”), tempi storti e radi momenti fra Malignancy e, perché no?, i nostrani Putridity, grooves di vecchia scuola death metal sapientemente dosati da momenti jazzati (la sessione ritmica della band, come non mai, da mettere sugli scudi, in particolare il drummer Lille Grüber) e dissonanze noise/post-hardcore (“Lusting for Trascendence”).
Se tecnicamente tutta la band è decisamente preparata e personale, non è da meno la new entry alla voce, Konstantin ‘Konni’ Lühring, tutt’altro che un outsider della scena underground brutal death metal: attivo da più di dieci anni grazie ai Despondency (R.I.P.), una delle prime band europee in grado di coniugare con successo, guarda caso, la tradizione newyorkese con quella californiana, il Nostro sfodera la sua miglior prestazione vocale di sempre, con un growl gutturale modulato, figlio del Matti Way di Cranial Impalement e vicino a quello del defezionario A.J. Magana, sempre asservito al meglio alla schizofrenia dei pezzi.
Se ci fosse ancora qualche scettico, consiglio, come warm up, l’ascolto di “Verses of Deformity”, forse non la song migliore dell’album, ma certamente una delle più rappresentative. In attesa dell’uscita del nuovo dei Wormed, la prestigiosa label americana Willowtip piazza sul mercato un colpaccio con una delle brutal bands più sick del momento. Disco alla mano, resta solo più da chiedersi: a quando una data italiana?
8.0