(Jester Records, 2013)
1. As Syrians Pour in, Lebanon Grapples with Ghosts of a Bloody Past;
2. Shri Schneider;
3. Glamour Box (ostinati);
4. Son of Man;
5. Noche Oscura del Alma
6. Mother of Mercy
Gli Ulver ci hanno abituati bene, diciamocelo. Mai un’uscita prevedibile o scontata, semmai un leggero calo ogni tanto, ma sempre subordinato ad una filosofia basata sul “facciamo quel che vogliamo” intesa esattamente in questo modo: non compiacere la critica o andare controcorrente a tutti i costi, ma mostrare altri lati dell’entità Ulver che comunque rendano un’uscita riconoscibile come appartenente alla storia di Rygg e soci. Così era stato per Wars Of The Roses, per il sottoscritto tuttora eccessivamente bistrattato dai fan, e così è anche per Messe I.X-VI.X. Poco importa se nel frattempo l’aspetto monetario ha avuto il sopravvento (Childhood’s End alla fine è stato puro divertissment, ma è necessario aggiungere il dvd The Norwegian National Opera, bellissimo, ma francamente la ristampa in cd e doppio vinile è abbastanza inutile, il Roadburn ep, il recente ed evitabile Live At Roadburn e la compilation Oddities And Rarities #1 che risulta essere l’uscita più interessante fra quelle citate), l’importante è avere tra le mani qualcosa che continui a seguire questo modus operandi.
Incorporando l’elemento orchestrale – il disco è nato come una collaborazione live con l’Arctic Opera and Philharmonic Orchestra poi rielaborata in studio per smussarne le angolature – troviamo che gli elementi pop e progressivi di Wars Of The Roses scompaiono del tutto (O’Sullivan non compare nemmeno fra i credits, forse il motivo è proprio questo, per la felicità di molti) a favore di atmosfere plumbee e crepuscolari più in linea con Svidd Neger o Shadows Of The Sun. L’orchestra si sente, eccome, ma trova più compiuta realizzazione quando incontra l’elemento Ulver quindi, se inizialmente arricciamo un po’ il naso per quella “As Syrians pour in, Lebanon grapples with ghosts of a bloody past” che pare troppo fine a se stessa, successivamente non possiamo che rimanere stupiti di fronte a brani come “Son of man”, che purtroppo vanta un testo dal sapore eccessivamente pastorale e parrocchiale, “Glamour box (ostinati)” figlia della sottovalutata raccolta Teachings In Silence o l’inquietante e istrionica “Noche oscura del alma”. Gli elementi fondamentali di Messe I.X-VI.X sono comunque facilmente individuabili sin dai primi ascolti: nonostante si dimostri ancora una volta incredibilmente caldo e vibrante, il cantato è quasi assente, le atmosfere segnano un passo indietro verso l’identità soffusa di Shadows Of The Sun, da cui si riprendono alcuni dei passaggi più delicati, mentre gli elementi orchestrali ed elettronici talvolta stentano a trovare un’unione ottimale, preferendo un susseguirsi ed intrecciarsi che comunque porta ad un ottimo risultato.
Molto più intimista e oscuro delle ultime uscite, immancabilmente Messe I.X-VI.X si dimostra essere un altro centro nella discografia dei norvegesi. Il cambiamento avvenuto dalle scorse uscite è davvero notevole (un anticipo si può trovare nella splendida cover di “Another Brick In The Wall (Part 1)”, i cui originari autori sembrano aver influenzato non poco gli stessi Ulver in “Shri Schneider”) e rende quest’ultima uscita certamente migliore dei suoi due predecessori. I fan più accaniti troveranno pane per i loro denti, coloro che invece furono delusi da Wars Of The Roses invece potranno con gioia riscoprire gli Ulver.
8.0