(Nuclear Blast, 2014)
1. On Hooves Of Gold
2. Steel Versus Steel
3. Fight
4. Triumph And Power
5. Dominator
6. Arv
7. Holmgång
8. The Naked And The Dead
9. Ymer
10. The Hammer Will Bite
11. Blackmoon (Bonus track)
Formatisi a Stoccolma nel 1996, nel 2001 i Grand Magus esordirono con il loro disco omonimo(registrato nei Das Boot Studios e prodotto da Fred Estby, batterista dei Dismember), per poi iniziare pubblicazioni costanti: Monument (2003), Wolf’s Return (2005), Iron Will (2008), Hammer of the North (2010), The Hunt (2012) fino ad arrivare all’ultima impresa Triumph And Power, rilasciata nientemeno che dalla Nuclear Blast. È inevitabile che chi abbia ascoltato il gruppo fin dagli esordi avrà sicuramente notato l’iniziale stoner rock via via sempre più contaminato dall’hard rock, arrivando a quello che tuttora gli stessi membri della band definiscono “doom blues”.
In Triumph And Power il filo conduttore che attraversa tutto il disco è ancora una volta il folklore norreno, che sembra essere ancora d’ispirazione per la band. L’impresa inizia con “On Hooves of Gold”, nella quale gli ultimi sospiri di tranquillità e pace inquieta vengono coperti dalla voce di JB (Janne “JB” Christoffersson, ex cantante dei Cardinal Fang) , che s’impone sempre più nella seguente “Steel Versus Steel”, come se cercasse di diffondere forza e coraggio tra guerrieri. “Fight” è un continuo inneggio alla battaglia, una forma di gigantismo che prende forza dall’assolo presente. Finalmente si giunge a “Triumph And Power”, che parte con una cavalcata di chitarre e con la voce di JB che trova subito il suo spazio, echeggiando e rendendo il ritornello (“For the triumph and the power / Spoils of war / For the hunger and desire / A blood red throne / I ascend to the sky”) un vero e proprio inno alla presunzione vichinga. La seguente “Dominator” sembra voler continuare imperterrita l’intera narrazione, nella quale il Dominatore ha una sete implacabile e le parole (seppur per un certo modo antifrastiche con l’indole del messaggio) sono tanto incalzanti da risultare idonee a una marcia. Due sono le tracce strumentali presenti: “Arv”, che sembra avere una vena ironica o addirittura grottesca, e “Ymer”: è proprio quest’ultima che, con il suo continuo crescendo e l’utilizzo di più strumenti concatenato con la melodia, sembra l’immagine di un futuro sempre più imminente e vicino, come se lo scontro decisivo si facesse palpitante nell’aria. “Holmgång” e “The Naked and The Dead” tralasciano entrambe la melodia iniziale per partire subito con un impeto bellico che prosegue per l’intera traccia; gli assoli non mancano e la buona combinazione delle parole unite alla voce conferiscono un tocco quasi epico. “The Hammer Will Bite” annuncia la grande battaglia: il “grande gigante sta arrivando” e la musica accompagna l’impresa, con ritmo e chitarre incalzanti, e una voce che non diventa mai prepotente. Sconfitto il nemico (“the giant die”), segue un momento dove le scelte del passato si uniscono a quelle del futuro, come per fare una ricognizione di se stessi, consapevoli che la battaglia ormai è stata vinta. La bonus track “Blackmoon”, con la sua vena rock scanzonata, sembra dire che il pericolo ormai è svanito e che non rimane che festeggiare, come se si volesse dar all’ascoltatore un ultimo (e vero) assaggio di speranza prima di concludere.
Triumph And Power non è nulla di nuovo né di particolarmente accattivante, ma denota un continuo ed incessante sviluppo della band, volto a migliorare la pulizia del suono e raffinare le qualità vocali. Per il resto è un album piacevole da ascoltare, nonostante la presenza eccessiva e a volte “artificiosa” degli assoli.
6.0