(Bridge Nine Records, 2014)
1. Inganno
2. Masochismo
3. Nostalgia
4. Sadismo
5. Apatia
6. Paranoia
7. Sottomissione
8. Alienazione
9. Egoismo
10. Inferno
Spacciatori di un suono imbastardito da varie influenze che pescano nel punk e nel metal, dal 2009 i romagnoli Hierophant hanno pubblicato tre dischi (compreso questo), uno più devastante dell’altro: possiamo ben affermare che stiano diventando un vanto della scena nostrana, italici portatori di oscurità e furia. Con grande orgoglio ci troviamo in anteprima ad ascoltare e quindi a raccontarvi questo nuovissimo Peste, in uscita per la fine di novembre.
Nel processo di composizione del disco c’è sicuramente stata una forte scrematura del sound per far spazio al furore più genuino; la cosa non ci fa dispiacere, in un modo o nell’altro ci deve essere continuità nello stile ma non per forza si devono sfornare dischi clone che nulla aggiungono a quanto fatto in precedenza. Già dal primo ascolto non ci vuole molto per capire che Peste è diverso dai suoi precursori. La partenza è immediata e repentina, la prima traccia si intitolerà pure “Inganno” ma la violenza che trasmette non è per nulla falsa e questo altro non è che un antipasto di quello che andremo ad ascoltare.
Dieci tracce che durano in totale poco più di venti minuti. Non c’è niente lasciato all’immaginazione, non se ne ha il tempo, tutto scorre a rotta di collo, cattivo e preciso come una pugnalata al cuore. Scordatevi alcune atmosfere presenti nei primi due lavori del quintetto romagnolo, quelle più impregnate di doom psichedelico e noise dalle tenebre, di canzoni come “Mother Tiamat” o “10000 Winters” non c’è traccia qui. Ascoltare questo nuovo lavoro è come ritrovarsi catapultati in mezzo ad una rissa, tutto si svolge velocemente attorno a noi, immersi in un vociare dispotico e in una violenza cieca che ci circonda. I tempi sono serratissimi, la sezione ritmica non accenna mai a fermarsi se non per eseguire stop and go che sono vere e proprie bastonate sul collo e rari rallentamenti spezza ginocchia; voci che si intersecano tra loro come veri e propri megafoni di negatività, odio e quant’altro viaggiano di pari passo con chitarre che sembrano percosse violentemente, distributrici di riff velenosi e nervosi all’ennesima potenza.
Si tratta comunque di un caos sapientemente controllato da una produzione che fa l’occhiolino a standard più nord americani che europei, ma che comunque dona al disco un sapore ancora più internazionale. I brevi brani sono il riassunto di ogni sensazione e sentimento che dà nome alle tracce, come vedete dalla tracklist i titoli dei pezzi sono in italiano ma la lingua usata per i testi è sempre l’inglese. Certe componenti che erano molto radicate nel suono degli Hierophant sono state sacrificate per aumentare e concentrare il più possibile questo impatto sonoro che non ha tempo per nessun tipo di orpello superfluo; è sparita completamente anche quella blanda influenza black metal sviluppata in Great Mother: Holy Monster per dar più spazio alla vena crust e hardcore che è sempre stata fortissima negli Hierophant ma che ora prende decisamente una importanza maggiore, che monopolizza un po’ tutto lo stile di questo lavoro.
Se queste scelte stilistiche siano venute fuori da sole o se siano state studiate a tavolino non possiamo saperlo, ma dobbiamo dire che il risultato è decisamente eccellente: si ascolta questo lavoro con la stessa facilità con la quale un assetato disperso nel deserto berrebbe un bicchiere d’acqua, oppure forse è più calzante dire che lo si ascolta con la stessa facilità con cui si sarebbe potuto contrarre il morbo della peste in un lazzaretto del 1300. Certo, la varietà a cui ci avevano abituato gli Hierophant nel disco precedente è andata un po’ a farsi benedire, qui il delirio collerico è continuo e non lascia spazio ad altro, ma come già detto è giusto cercare di proporre qualcosa di diverso in un genere sempre così inflazionato, soprattutto se si parla del terzo album di una band ormai molto affermata a livello internazionale. La morale di tutta questa (lunga) storia è che questi ragazzi ci hanno dimostrato, ogni anno di più, di non sbagliare un colpo e Peste in quanto a violenza e nichilismo è come un proiettile che ci trapana il cervello con indicibile velocità e precisione, un disco mortale.
8.0