(Translation Loss Records, 2014)
1. Soot
2. Seven Years With Nothing To Show
3. Les Mots Et Le Choses
4. Pegasus
Neanche fosse passata un eternità dal loro ultimo lavoro i Rosetta ci lasciano una curiosità dilaniante nel proporci un artwork che non potrebbe risultare più post neanche a pagare in oro. Sarà per il fatto che l’ultimo lavoro di questi ragazzi americani (autoprodotto) ci aveva lasciato in parte un certo amaro in bocca per la mancanza di vera e propria verve artistica, sarà per il fatto che i loro primi tre lavori risultano tutt’oggi più che competitivi in un settore musicale in continua espansione, fatto sta che non vedevamo l’ora di stuzzicarci le orecchie con del sano post metal infarcito di inserti sludge e core.
Non si può quindi non rimanere spiazzati dal delicato incipit di “Soot”, brano di circa nove minuti in grado di avvolgervi in un fine intreccio post rock iniziale per poi crescere intorno ad una batteria nevrotica accompagnata in sottofondo da Michael Armine, gridatore di professione lasciato nelle retrovie per conferire un effetto evanescente che a dirla tutta è un punto in più per il brano stesso. Avanzando nell’ascolto le due tracce successive seguono lo stesso percorso, fatto di atmosfere stavolta libere dalla pesantezza dello sludge per concentrarsi sull’aspetto maggiormente riflessivo dei Rosetta, cullandoci con sonorità soffuse e delicate. Il trademark dei nostri è rimasto ben udibile nelle varie composizioni (si avverte la massiccia presenza di delay), ma la sostanziale mancanza di vera e propria aggressività nel secondo e nel terzo brano tendono ad alienare. Fortuna ha voluto che i nostri decidessero di chiudere Flies To Flame col botto regalandoci “Pegasus”, brano potente che nuota nella fanghiglia e nella aggressività dello sludge pur non tradendo le linee guida di questo lavoro (in quasi otto minuti di durata troverete tutto questo EP in un magistrale riassunto), e ammettiamo pure di esserci emozionati nel sentire finalmente delle dissonanze in un brano di questi ragazzi di Philadelphia.
Il punto di forza di questo lavoro dei Rosetta risiede proprio nella sua apparente omogeneità: infatti, se al primo disattento ascolto i brani paiono generalmente solo una ripetizione di uno schema ben congegnato, già al secondo l’apprezzamento aumenta. Ci si rende conto di quanto gli americani abbiano deciso di costruire la tracklist giocando su estremi opposti, ovvero brani centrali rilassanti e divaganti, cullanti ed eterei, estremamente fini e strumentali, mentre nel primo e nell’ultimo brano i Rosetta sono chiaramente loro stessi, con qualche elemento meno appariscente rispetto ad altri ma pur sempre i soliti ragazzi innamorati di Neurosis ed Isis in primis, autori di una formula in cui anche un gridato può trovare il suo angolo di poeticità, composta da una corazza esterna potente e deflagrante a protezione di un anima morigerata ed elegante. Questa è indubbiamente classe. Flies To Flame non un capolavoro ma certamente un ottimo ritorno in pista dopo una piccola sbandata. Ah, giusto per specificare, se non vi emozionerete con le sonorità di “Pegasus” fatevi un esame di coscienza al più presto.
8.0