1.Rape
2.The Impetus Bleeds
3.Directional
4.Rethoric Of No
5.Clarify
6.Disambiguation
Gli Indian suonano sludge/doom da circa dieci anni, ma ultimamente hanno affrontato un serio, ed efficace, cambiamento di line up. Si sono infatti aggiunti Bill Bumgardner alla batteria, già negli ottimi Lord Mantis, e Will Lindsay alla chitarra/voce, militante in Nachtmystium, Wolves In The Throne Room e, in sede live, con gli A Storm Of Light.
From All Purity rilasciato dalla Relapse Records, è un insieme di sludge, doom e noise che sconfina nel black metal di nuova generazione, assemblato e manipolato con tenacia e senza badare a nessun tipo di compromesso. L’impasto sludge è ben amalgamato e i ritmi cadenzati sostenuti dalla batteria sono davvero sfiancanti, come pugni nel costato e gomitate nei reni. I riff stridenti e dilatati presenti in tutto l’album, ed in particolar modo in“Rape”, indispongono e inquietano mentre nei lenti, pesanti e ossessivi “Disambiguation” (in questo pezzo sul finale c’è un inutile tentativo di lanciare un assolo, messo subito a tacere) “The Impetus Bleeds” e “Directional” si possono intravedere alcune ombre dei Neurosis. Il doom dilatato e tossico di “Rhetoric Of No” è sapientemente arricchito da labirintici e stridenti synth, mentre “Clarify” è un allucinante viaggio noise da evitare, in cui è manifesto l’abuso di elettronica che si percepisce in realtà un po’ in tutto il lavoro. A volte gli Indian possono ricordare i neri e monolitici It Is I (nati e morti in un unico album, Evolve, del 1994) mentre in altri momenti sembra riaffiorare lo stato confusionale, psicotico, drogato e allucinato di Sadness Will Prevail dei Today Is The Day.
La band riversa in note un magma sonoro dall’incedere inarrestabile, che si differenzia da tante uscite del genere per il suono pesante e deviato: niente melodia, niente incertezze e soprattutto niente sconti per nessuno. I muri di From All Purity trasudano muffa da tutti i lati. Astuta la scelta di suddividere l’album in tracce, aiutando l’ascoltatore a prendere boccate di ossigeno: se avessero creato una traccia unica di quaranta minuti, come da costume sempre più diffuso, il risultato non sarebbe stato tanto efficace. Anche perché pure così, da questo album melmoso, denso e carico di sociopatia, se ne esce con le ossa rotte.
8.0