(Roadrunner Records, 2011)
1. I Am Hell (Sonata In C#)
Sangre Sani
I Am Hell
Ashes To The Sky
2. Be Still And Know
3. Locust
4. This Is The End
5. Darkness Within
6. Pearls Before The Swine
7. Who We Are
Dopo un passo falso come The Burning Red ed un fiasco come Supercharger per i Machine Head urgeva un colpo di genio per riportare in auge il loro nome. Un disco immenso come The Blackening (preceduto da Through the Ashes of Empires, album che aveva già evidenziato i primi segni di ripresa) ha capovolto repentinamente la situazione del combo di Oakland, portandolo alle vette più alte del panorama metal a livello mondiale, tanto da ricevere il titolo di uno dei migliori titoli heavy degli ultimi dieci anni.
Chiuso il ciclo di scrittura, registrazione e promozione (ben 370 live shows!!) di The Blackening, durato quattro anni, la band ha dovuto affrontare il compito più duro per un gruppo: pubblicare un successore a quello che è stato il loro più grande capolavoro, affrontando, a volto scoperto, fans e critica.
Vede così la luce Unto the Locust, album composto da sette tracce dalla durata media molto lunga, così come il suo predecessore, del quale conserva le complesse strutturazioni dei brani. Nonostante ciò Unto the Locust si differenzia pesantemente da The Blackening, riuscendo a rimanere al contempo un disco nel pieno stile della band di Robb Flynn e soci. Caleidoscopico: questo è il termine più adatto a definire questo lavoro che riesce a far convivere il tipico sound della band fatto di thrash e groove metal (non mancano i tipici riff di chitarra infarciti di armonici naturali, ormai trademark del four-piece di Oakland), accelerazioni che lasciano il fiato sospeso, ritmiche spezza collo che sembrano nate appositamente per l’headbanging, decelerazioni groove e cascate di note nei riff più melodici. Tutti gli elementi citati trovano il loro spazio in una dimensione purificata con una mentalità ed un approccio votato all’heavy metal classico, in grado di donare grande intensità alle composizioni.
Si parte con “I Am Hell (Sonata in C#)”, un pezzo composto in tre movimenti (tipici della sonata), in cui Robb si cimenta in canti gregoriani al di sotto dei quali una rabbiosa chitarra elettrica si fa spazio fino ad impadronirsi dei riflettori; una cavalcata thrash che trova la sua chiusura con un lungo assolo ed un passaggio acustico. Colpiscono le innovazioni stilistiche del cantato di Robb Flynn supportato dal bassista Adam Duce: in brani come “Be Still and Known”e “This is the End” infatti si cimentano in tonalità mai sperimentante prima, giungendo al confine con territori di matrice power/epic, con risultati inaspettatamente efficaci. Il disco è ricco di momenti di pura violenza (su tutte “Pearls Before the Swine” la canzone più thrash-oriented dell’album) ma anche di momenti puramente epici e melodici, incredibilmente amalgamati e funzionanti tra loro. Memorabili i chorus, come abbiamo già avuto modo di ascoltare con la release via web del singolo “Locust”. L’ascoltatore viene travolto da un attimo di puro sconvolgimento al giungere della traccia numero cinque: “Darkness Within”, brano in cui Flynn, armato di sola chitarra acustica e voce sofferente, parla del suo rapporto con la musica. Dall’emotività della parte iniziale (non la vedremmo male all’interno di un disco dei Foo Fighters, cantata da Dave Grohl) è tutto un crescendo, finché non sopraggiunge tutta la band a dar man forte al proprio frontman mutando il pezzo in una lezione di epicità e forza. Nota particolare per la traccia conclusiva “Who We Are” dal ritornello tremendamente efficace e memorabile: il brano parte in sordina con un coro di bambini in cui, manco a dirlo, irrompe un Flynn indemoniato. La canzone poi sfoga in un turbinio di riff, assoli e ritmiche in quella che sembra un’orgia tra groove e violenza a là Machine Head ed epic metal.
Flynn e soci sono riusciti ad eguagliare The Blackening? Sono riusciti a superarlo? No, non siamo qui per rispondere a questi quesiti; sicuramente qualcuno elogerà la band per la magniloquenza di questo lavoro, mentre qualcun altro sputerà veleno accusandola di tradimento verso i fan. Obiettivamente Unto the Locust è persino più strutturato del suo fratello maggiore, forse è più prevedibile, ma assolutamente non scontato, chiaro specchio dell’anima tonica e dinamica di una band definitivamente rinata ed ispirata, che non si concede inibizioni e libera tutte le proprie influenze. Nella top ten dell’anno!
Voto: 8,5