(Napalm Records, 2015)
1) I.O.U. Nothing
2) Bad Blood Between Us
3) Light in the Shadows
4.) Suffer in Silence
5.) The Bridges You Burn
6.) Orion
7.) Another Nail in the Coffin
8.) Rivals
9.) Wait
10) Dumpster Dive
11) Over My Head
12) Fade Away (Karma Never Forgets)
13) Empty Handed
14) Worst Enemy
Dopo più di dieci anni di silenzio, tra screzi e diatribe, si riuniscono e ritornano i Coal Chamber, che nel 1997 con il loro album omonimo di debutto erano entrati tra i tre nomi principali del genere nu metal: Korn, Deftones e Coal Chamber. In questi ultimi tempi abbiamo vissuto il declino del nu metal, che ha visto in primis i capostipiti Korn arenarsi dopo l’abbandono di Head dalla band. Da lì in poi tutto è andato a scemare e se non fosse per i lavori dei Deftones (nonostante la morte del bassista Chi Cheng) che continuano ad essere discreti, avremmo potuto parlare della morte definitiva del nu metal.
Oggi però i Coal Chamber si presentano con la formazione storica (tranne la bassista) e sfornano un album coerente con il loro stile ed il loro passato, nel quale le chitarre sono ricche di groove ed hanno un enorme sostegno dalla sezione ritmica basso/batteria. La voce di Dez Fafara, sempre un po’ rap, risulta più cattiva e minacciosa dei lavori precedenti (complice la lunga militanza nei ben più cupi Devil Driver) mentre non vengono certo a mancare i riff ribassati che ci fanno subito ricordare i primi anni 90 (“Suffer In Silence” e “Hempty Handed”), quando su tutte le copertine di riviste c’erano gruppi nu metal e si andava ancora in edicola.
La forza della band si sente, l’impatto sonoro è notevole e convincente, tanto da non fare rimpiangere più di tanto i tempi citati; è un peccato che un disco così sia uscito nel 2015. I Coal Chamber sono ritornati con un album più heavy, meno schizzato e paranoico dell’omonimo, ora staremo a vedere se continueranno il loro cammino nel tentativo di affiancare i Deftones, oppure se è stata solo una fiammata già spenta. O, peggio ancora, una trovata commerciale.
7.0