(Selfmadegod Records, 2011)
1. Sacrum Profanum Processionali
2. Rites of Ceremonial Embalm’ment
3. Ritual Until Blood
4. Elegant in Their Funebrial Cloaks
5. Crypts Of His Communal Devourment
6. Washed And Buried
7. Pall Of Unrequited Blood
8. Annunciation Of The Viscera
Quando nel 2006 uscì quel capolavoro che porta il nome di The Call of The Wretched Sea, primo full lenght degli Ahab, capii che il termine “nautik funeral doom” non poteva essere utilizzato in maniera più appropriata, sebbene fossi sempre stato scettico riguardo alle definizioni create dalle band stesse per codificare il proprio stile.
Quella musica, grigia ed evocativa, opprimente ma dalla profondità straordinaria, riusciva in una sorta di intento programmatico a rappresentare la vastità dei sette mari in tempesta, sotto le cui superfici si estendevano leghe di abissi inesplorati, di claustrofobica oscurità.
Gli Encoffination, band californiana attiva dal 2008, in questo secondo full lenght tentano di ricalcare quelle atmosfere di cui abbiamo appena accennato, con la sola differenza di non rientrare naturalmente nella componente “nautik”.
Per una sintetica descrizione della musica del combo valgono gli stessi aggettivi utilizzati in precedenza: l’atmosfera è densa e grigia, tendente al nero del rumore puro; il mood evocativo permette ad un profano di comprendere con che accezione viene utilizzato il termine funeral; infine, se la musica degli Ahab sembrava voler seppellire l’ascoltatore sul fondale degli abissi più profondi, gli Encoffination tentano la via della sepoltura prematura.
Riff dalla naturale inconsistenza, dilatati sopra una ritmica precisa nell’incedere infinitamente lento; growl dalla grande profondità, vero e proprio inno al guttural più estremo; questi sono gli elementi della formula Encoffination, che produce quaranta minuti di angosciosa intensità, in otto brani dai titoli piuttosto elaborati (su tutti, “Elegant in Their Funebrial Cloaks”), senza particolari picchi o cadute di stile.
Dalla rituale introduzione di “Sacrum Profanum Processionali”, con tanto di campane e un appena udibile organo chiesastico, alla conclusione di “Annunciation of The Viscera”, la qualità della musica si mantinene sostanzialmente inalterata, senza raggiungere punti di vera e propria originalità, sebbene il risultato finale risulti convincente.
Le liriche vertono (come poteva non esserlo?) sulla morte come passaggio per un aldilà tendente all’eterno, sulla ritualità distorta (che tanto andava di moda nel rock pseudo-satanico degli anni sessanta, con band come Coven, Black Widow e Lucifer’s Friend), sul rovesciamento della fede, annessi e connessi.
La musica degli Encoffination è estrema quanto può esserlo l’antitetico grind più marcescente; proprio per questo deve essere consigliata soprattutto ai die hard del genere: i più fieri sostenitori delle sonorità dilatate e annichilenti troveranno pane per i loro denti, mentre chi vuole avvicinarsi al doom (sottogeneri compresi) per la prima volta farebbe meglio a cercare qualcosa di più semplice ed immediato.
7.5