(Indelirium Records, 2011)
1. A Permanent Cold
2. My Eyes Burn
3. Dont’ Believe Yourself
4. Stop the Burning Wheel
5. Fast Thoughts Part I
6. Fast Thoughts Part II
7. Freedom for Sale
8. Thanx!
9. In this Life
10. Tolerance/Intolerance
11. Day by Day
12. To the End
Quello degli Strange Fear è un disco che, per durata, starebbe comodamente in un 7-inch. Dodici tracce, per meno di quindici minuti totali, nel nome dell’hardcore old school. Una voce roca, un paio di chitarre che viaggiano di pari passo a una batteria che ha come credo principale il raddoppio di battuta, e un basso che si ritaglia i suoi spazi, senza mai invadere né per questo scomparire. Un quarto d’ora “totale” in vari sensi, appunto perché è in questo breve spazio che la band modenese ripercorre una serie di influenze che vanno dai primi Hatebreed ai compatrioti (e amici) Straight Opposition.
Ridotto all’osso com’è, con pochi cori, ancora meno riffs chugga-chugga e zero fronzoli, non si fa nemmeno in tempo a dire che i vari brani suonano parecchio simili. “E quindi?”, si dirà? Appunto. E quindi: niente. Perché sia ben chiaro che qui non si va certo cercando forme di originalità alcuna: non è questo il punto. C’è, invece, l’intento di trasferire su disco la grinta sfoggiata in sede live (qualcosa come più di 100 concerti in giro per la nazione, a fianco di band quali Strenght Approach, To Kill e Orange Man Theory fra gli altri; che, in Italia, vuol dire parecchio). Il che è in qualche modo paradossale, no? Ossia: ascoltando la registrazione in studio, viene voglia di vedere cosa combinano dal vivo. Mentre invece, l’opposto potrebbe avere qualche difficoltà ad accadere. Insomma, prendetelo più come un antipasto pre-show. Un modo per convincervi a prendere parte attivamente a quella che, per comodità, si chiama “scena”. Che chiaramente non è fatta di magliette attillate e shorts che manco i Sick of It All, bensì di musica dal vivo, sudore, pogo, attitudine D.I.Y. e, fondamentalmente, amicizia.
E allora io non so se, dopo il primo album, Another Bullet of Hate (New Direction Records, 2008), la firma per l’italiana Indelirium Records abbia in qualche maniera compromesso questa serie di ideali. Così come non conosco personalmente i ragazzi della band e non potrei giurare (né giudicare) su quanto questi riescano a “stay true” al giorno d’oggi. Per quanto, personalmente, vedo pochi tentativi di corruzione morale nella nebbiosa val padana. E, alla fine, poco importa! Fatto sta che, un po’ come “New Direction” all’inizio di Start Today (Gorilla Biscuits), il sentimento generale che percorre l’album è quello di incoraggiare la gente a riprendersi lo stage, che sia come band o come pubblico, in veste di stage divers. Lasciando a casa le varie invidie e partecipando alla festa, possibilmente senza farsi intaccare dalle logiche di mercato. Una buona e onesta colonna sonora per questa serie di obbiettivi.
7.5