The Modern Age Slavery – Damned To Blindness
Napalm Records (2008)
1. Progenies Of Ancient Slaves ; 2. Red Lines Of Obsessions ; 3. Damned To Blindness ; 4. Drop By Drop ; 5. A Desert To Die For ; 6. Vile Mother Earth ; 7. The Sublime Decadence Of An Era ; 8. Shell Of Perversion ; 9. Descent To Oblivion ; 10. Purple ; 11. The Modern Age Slavery ; 12. Wolverine Blues (Entombed Cover)
Chi ricorda i Browbeat? A chi segue con interesse l’underground italiano, questo nome non suonerà certo nuovo: prima di sciogliersi, questo quintetto modenese poteva vantare di essere uno dei più interessanti esponenti del “metallo moderno” tricolore, prima nella scena “nu-metal” potremmo dire, e poi in quella metalcore. Passato poco tempo dal loro scioglimento, ecco nascere i The Modern Age Slavery, formati per 4/5 da ex-membri dei Browbeat, e dediti ad un death metal di pregevole fattura che strizza l’occhio a contaminazioni “-core” più moderne.
Le discussioni da bar sul cambio di genere “furbo” di questi ragazzi si sprecano e lasciano il tempo che trovano: non è questa la sede per parlare di queste cose, anche perché questo album non ha nulla di finto o studiato a tavolino; anzi, a scanso di equivoci, chiariamolo subito: “Damned To Blindness”, il debut album dei The Modern Age Slavery, è davvero bello!
Nella musica dei cinque emiliani traspare senza alcun dubbio un certo amore per la scena death degli anni ’90 (soprattutto quella americana, guidata dai “soliti” Suffocation e Morbid Angel), ma anche una netta e sana apertura mentale a ciò che il panorama moderno ha da offrire (Aborted o Decapitated, per citarne un paio), senza rifiutare pure alcuni ottimi parti recenti di formazioni americane che hanno guidato il trend deathcore (come i Despised Icon). Tranquilli, la componente hardcore è ridotta al minimo, e sa farsi apprezzare nel brutale marasma di riff esaltanti partoriti dai due chitarristi, supportati da una sezione ritmica assolutamente eccellente (soprattutto da sottolinare il contributo del batterista, un’autentica macchina da guerra… e da blast-beat!). A coronare il tutto, è doveroso evidenziare una prestazione del cantante notevole, che strazia le sue corde vocali in modo parecchio efficace.
Un pregio su tutti: “Damned To Blindness” è tutto fuorché noioso: a questi ragazzi bisogna saper riconoscere il dono della sintesi, perché in “soli” quaranta minuti riescono a proporci dieci tracce dotate di una propria unicità e particolarità, tra episodi più ragionati (come la splendida “The Sublime Decadence Of An Era”) ad altri più concisi e spiazzanti (come “Vile Mother Earth”, della quale è stato girato un video), fino alla conclusiva “The Modern Age Slavery”, dotata di un chorus anthemico decisamente esaltante. In chiusura, dopo di questa, da segnalare pure la cover della mitica e storica “Wolverine Blues”, forse non essenziale ma sicuramente apprezzabile. Da citare anche l’artwork, bello e malato al punto giusto.
In conclusione, questo è un album a cui ogni amante del death metal e, perché no, anche del deathcore meno ruffiano, dovrebbe concedere una possibilità, e non solo per patriottismo. I The Modern Age Slavery si dimostrano un gruppo di tutto rispetto, con le capacità di poter emergere anche al di fuori di una scena italiana troppo chiusa in sé stessa. Ignorarli sarebbe un vero peccato.
Voto: 8