01. 9:IIIX6.941
02. Vengeance Is Mine
03. Decay
04. Reborn
05. Killing Me
06. Countdown Doom
07. Come Alive
08. Vows Of Redemption
09. Waste Away
10. You Were Wrong
11. Skullcrasher
12. Never Give In
13. Season the Sky
From sickness I am torn, through suffering reborn, no compassion, no control, only black inside my soul.
Così recita il refrain di “Reborn”, la (quasi) title track di questo album che sancisce il ritorno sulle scene dei newyorkesi Biohazard, e se per assurdo potrebbe sembrare una dichiarazione di intenti, analizzando il disco effettivamente lo è.
La band, che nel lontano 1990 con la release dello storico self titled, ridefinì i canoni del crossover e dell’hardcore, non ha avuto una periodo semplice negli ultimi anni, specialmente a causa di alcuni album risultati poco più che mediocri.
L’abbandono nel lontano 1994 di Bobby Hambel non lasciò molti dubbi su quanto il suo apporto fosse fondamentale nelle composizioni del combo, facendo intravedere più di qualche ombra sul loro futuro.
Hambel farà ritorno assieme ad Evan Seinfeld (basso/voce) nella band nel 2008 ma la gestazione successiva a questo “ritorno” li porterà alla ri-separazione dal leader storico (che ha scelto una carriera più “godibile”, scusate il gioco di parole) avvenuta nel 2011 poco tempo dopo le registrazioni di questo album.
Al suo posto è ritornato Scott Roberts nel ruolo di bassista/cantante per i live shows, lui che aveva già fatto parte dei Biohazard come chitarrista tra il 2002 e il 2005; Reborn in Defiance appare quindi un vero e proprio epitaffio da parte della band che saluta così per la seconda volta la sua voce storica.
Passiamo all’album: il sound dei Biohazard è sempre stato grezzo e contaminato, mai puro ma sempre e comunque coerente con la durezza e la proposta dal quartiere (Brooklyn) da cui prende ispirazione la loro musica e Reborn in Defiance non è un’eccezione.
L’apporto in fase di produzione di un mostro sacro come Toby Wright (Korn, Alice in Chains, Slayer, Primus) si sente, specialmente a livello di chiarezza dei suoni (che era sempre stato un po’ il loro tallone d’achille) ma questo di certo non va ad intaccare il temperamento dei nostri.
Alternanze vocali (tra Evan Seinfeld e il chitarrista Billy Graziadei), riffing al limite del beatdown e un grandissimo uso della melodia (“Killing Me”, “You Were Wrong” e “Decay” su tutte) rendono questo full lenght davvero godibile, e, per gli aficionados, una vera gemma da possedere gelosamente.
I momenti migliori però li abbiamo quando i Biohazard si ricordano come picchiare duro, e lo fanno in maniera maledettamente convincente come non si sentiva dai tempi di Urban Disciple, in episodi riuscitissimi come “Vengeance is Mine”, “Come Alive” e “Reborn”.
Quello che ci lascia davvero con l’amaro in bocca è il rendersi conto di non poter ascoltare nel futuro un seguito a questo ritorno, davvero un peccato.
Concludendo, possiamo riaffermare con fermezza come i Biohazard siano sono stati tra i primi a portare nell’hardcore il piglio rap, e il flavour di questo disco ne è l’ennesimo esempio.
Tutto questo può sembrare datato e fuori tempo massimo per un disco scritto nel 2011, ma se siete cresciuti con loro questo album di sicuro non deluderà le vostre attese: se cercate coerenza, coerenza avrete.
7.0