1. The Primeval Dark
2. While We Sleep
3. Revelation
4. Black Heart Rebellion
5. Lose to Night
6. Collapsing Words
7. The River
8. Ephemeral
9. The Promethean Song
10. Shadows of the Dying Sun
I finlandesi Insomnium, attivi dall’ormai lontano 1997, sono rimasti tra i pochi eletti che possono ancora fregiarsi del titolo di melodic death metallers e dopo quindici anni risultano ancora produttivi e pieni di vita. Ora, giunti sul finire della primavera, sono pronti a riconquistare il mercato con l’ultima fatica intitolata Shadows of the Dying Sun.
“The Primeval Dark” apre le danze con un arpeggio melodico, che muta in un breakdown dal piglio energico unito ad un armonia soave e darkeggiante che crescerà man mano d’intensità facendosi ruvida senza mai perdere quel mood sognante ed evocativo; giunti a “While We Sleep” i ritmi si fanno più serrati e compare prepotentemente la vena 100% melodic-death che da sempre ha caratterizzato i Nostri, in un pezzo rapido e pulito nel quale sono presenti parecchi richiami ai Dark Tranquillity senza però che la band perda mai il proprio e personalissimo trademark. Con “Black Heart Rebellion” gli Insomnium optano per un riffing più arioso, unito però a pattern di batteria sempre incalzanti e a linee gotiche che s’intrecciano con il tipico sound svedese di vecchia scuola, ma è con “Collapsing Words” che i ragazzi di Joensuu danno il meglio, pestando sull’acceleratore e riuscendo ad unire la compattezza del death metal scandinavo con refrain melodici di facile presa, il tutto proiettato sempre verso lo stile di Stanne e soci. Il risultato è un brano solido che scatenerà sicuramente i fans in sede live. Un plauso alla band va fatto anche per la buona capacità di maneggiare i brani più ritmati ed atmosferici come la settima traccia, “The River”, il pezzo più lungo dell’intero platter, caratterizzato da passaggi dilatati e atmosfere dark che abbracciano un’esplosiva epicità a là Amon Amarth. Ciliegina sulla torta la coppia di chiusura, nella fattispecie le chitarre e le vocals pulite unite a parti orchestrali di “The Promethean Song”, mentre con la conclusiva “Shadows of the Dying Sun” si torna ad omaggiare il melodic-death metal monolitico ed atmosferico caro alla vecchia scuola.
Non c’è che dire, pur difettando ancora in personalità gli Insomnium risultano indubbiamente avere le idee ben chiare: sempre pronti a difendere al massimo delle loro possibilità il prezioso posto ricavato nell’olimpo del death melodico, riescono a rinnovarsi e allo stesso tempo a non perdere mai di vista gli stilemi principali di un genere che sembrava dover scomparire sul finire dell’anno 2000.
7.5