(Reprise, 2012)
1. Swerve City
2. Romantic Dreams
3. Leathers
4. Poltergeist
5. Entombed
6. Graphic Nature
7. Tempest
8. Gauze
9. Rosemary
10. Goon Squad
11. What Happened to You?
Passando in rassegna le maggiori realtà pesanti comparse negli ultimi due decenni, i Deftones sono sicuramente tra le più rappresentative: al di là dell’indubbia qualità della loro proposta, hanno saputo distinguersi ed imporre qualcosa di veramente innovativo all’interno di una scena, quella del (nu)metal più moderno ed alternativo (seppur contaminato ed inteso in senso lato), di per sé piuttosto statica. I Deftones sono una band spartiacque, che ha coniato un modo di far musica prima soltanto lambito ed accennato da altri gruppi, caduti più o meno gloriosamente nell’impresa. L’elemento che li ha sempre caratterizzati di più è la loro spiccata personalità: bastano pochi secondi per identificare un pezzo dei ‘tones; la loro atipicità li rende unici e inconfondibili. I motivi sono diversi: innanzitutto, la voce di Chino Moreno, in assoluto tra i migliori cantanti della sua generazione; e poi le chitarre, quel mix di melodie avvolgenti e riff che si infilano sottopelle, e una delle sezioni ritmiche più sottovalutate della scena alternativa. Nell’arco di tre lustri hanno sfornato almeno due capolavori, suonato in tutto il mondo, sono passati attraverso una fase di crisi dovuta al grave incidente occorso al bassista e ne sono usciti alla grandissima; si presentano al 2012 ben consci delle proprie possibilità, ma venendo da una serie di dischi tra i meno convincenti della loro carriera: lavori di una certa caratura, per carità, ma lontani dai livelli di White Pony e Around The Fur.
Date queste premesse, preparatevi a rimanere spiazzati da Koi No Yokan, perché quello che vi troverete ad ascoltare è un album eccellente, il loro migliore da dieci anni a questa parte, e forse anche oltre. Se White Pony è il cardine della prima fase della carriera dei Deftones, Koi No Yokan rappresenta un nuovo inizio: è il disco della maturità, della perfezione estetica, del sincretismo spinto oltre i limiti (già ampiamente scandagliati nel passato meno recente). Stiamo esagerando? Forse si. Però se i Deftones dovessero improvvisamente decidere di darci un taglio, potrebbero farlo senza correre il rischio di pentirsene: la missione è stata finalmente portata a termine. Si, perché se per anni i Nostri sono sempre sembrati sul punto di maturare definitivamente, per poi fallire alla prova dei fatti, ora sembrano aver fatto il tanto aspettato fatidico passo verso il pieno sviluppo del loro potenziale.
In Koi No Yokan c’è tutto quello che potremmo cercare in un disco dei Deftones: potenza (“Poltergeist”, “Gauze”) , melodie sopraffine (“Romantic Dream”, “Graphic Nature”), chorus trascinanti (“Swerve City”), sperimentazioni elettro-rock (la già citata “Poltergeist”), momenti di assoluto pathos (“Entombed”). Ovviamente non ci si ferma qui, perché altrimenti ci troveremmo davanti ‘soltanto’ ad un compitino ben fatto: ecco allora affiorare richiami chitarristici tipicamente shoegaze (“Rosemary”, che sfoggia anche un drumming di tutto rispetto), intrusioni postcore (sarà un caso la presenza di Sergio Vega, ex Quiksand?) e addirittura sfuriate meshugghiane (“Goon Squad”, “Gauze”). Il tutto inserito in un contesto in cui la voce di Chino Moreno – ma questo non ci sorprende – dimostra di non essere ancora pronta al pensionamento: anzi, il nostro chico preferito sfoggia una prestazione strepitosa, probabilmente la migliore dai tempi di White Pony. C’è una compattezza, una solidità impressionante: non ci sono punti deboli, pezzi sottotono e non sviluppati a dovere. Volendo questa è una novità, per i Deftones: persino White Pony presentava alcuni vuoti. Ad impressionare è soprattutto la classe, la raffinata intelligenza compositiva di questi ragazzi, capaci di curare minuziosamente ogni dettaglio, dalla produzione (perfetta) all’arrangiamento.
Nel 2012, sparito tutto l’hype circondante il movimento nu-metal, abbiamo la possibilità di fermarci a ragionare, a bocce ferme, su una band come i Deftones. La conclusione, inevitabile ma non così lampante come potrebbe sembrare, è che Koi No Yokan (e di riflesso chi l’ha composto) è un disco talmente fuori da qualsiasi classificazione, talmente personale e ricco di soluzioni davvero alternative (nel senso più puro del termine) da lasciarci un po’ di speranza per il futuro prossimo della musica pesante. Se non siamo ai livelli dei primi tre album, poco ci manca. Una rinascita che nessuno si sarebbe mai aspettato. Signore e signori, i Deftones.
8.0