Il terzo album per ogni band segna un punto di svolta, in positivo o in negativo. Non sono esenti da questa dura legge, ovviamente, nemmeno i metalcorers texani Upon A Burning Body e il loro nuovo The World Is My Enemy Now. Per il combo americano questa nuova avventura non era iniziata nei migliore dei modi a dire il vero. Infatti, per chi non lo sapesse, i Nostri per avere un po’ più di visibilità hanno inscenato una farsa a dir poco grottesca dicendo che il cantante Danny Leal era stato rapito. Naturalmente poco dopo sono stati scoperti e sono stati obbligati dalla loro casa discografica a scusarsi, ma nonostante questo si sono fatti lo stesso pubblicità riuscendo così nel loro intento. Questo “giochetto” ha rischiato di pregiudicare drasticamente quanto di buono c’è in questo disco.
Passando al lato più tecnico, già dalla copertina si capisce che questo album sarà molto potente e ci prepara alla ferocia sonora offerta da Danny Leal, Ruben Alvarez, Sal Dominguez, Rey Martinez e Ramon Villareal. L’iniziale “Red Razors Wrists” è il punto di collegamento con la loro precedente fatica intitolata Red. White. Green. uscita nel 2012. La seconda traccia invece, intitolata “Scars”, segna un’evoluzione da parte della band: è stata scelta come primo singolo ed è una delle canzone più piacevoli dell’intero lavoro, caratterizzata com’è da sorprendenti ed accattivanti ritornelli melodici che riescono pienamente nell’intento di rimanere in testa. Ovviamente una costante di questo album sono i breakdown, caratteristica fondamentale di una band deathcore/metalcore: brutali, ben dosati ed usati nei momenti giusti. Sicuramente nei live il mosh pit infernale è assicurato.
Un’altra sorpresa è la presenza di due featuring a dir poco micidiali sulla carta, ovvero Matt Heafy dei Trivium in “Blood, Sweat And Tears” e Tyler “Telle” Smith dei The Word Alive in “I’ve Earned My Time”. Se il secondo brano è ben riuscito, non si può dire lo stesso del primo: francamente ci saremmo aspettati qualcosa di più da Heafy, che si è limitato a svolgere il compitino regalandoci una performance sufficiente, ma niente di più.
La traccia “A Toda Madrè ò un Desmadrè” è un tributo alle loro chiarissime origini messicane: a ritmo di percussioni e chitarre acustiche di questo brano tipicamente latino, sembra di trovarci in un tipico saloon di Tijuana circondati da mariachi. Non è comunque la prima volta che i ragazzi utilizzano un escamotage del genere, simili brani acustici sono sempre stati presenti fin dal loro primo disco. Subito dopo però, con la title-track, ritorniamo a sonorità sicuramente più violente. Un’ultima osservazioni sui testi, che non spiccano certo per originalità, e a dire il vero sono sempre state un po’ il punto debole della band di San Antonio: i fuck si sprecano, come anche le tipiche frasi scontate di odio e qualche blasfemia qua e là.
Tirando le somme questo The World Is My Enemy Now è un passo avanti rispetto ai due album precedenti ed è chiara la direzione presa dalla band, che sta progressivamente passando dal deathcore di un tempo ad un metalcore molto più carico di groove ed orecchiabile. Di fatto questo è comunque l’ennesimo disco molto godibile e divertente che, in questo 2014, sancisce ancora una volta la lenta rinascita della scena metalcore.
7.0
(Sumerian Records, 2014)
1. Red Razor Wrists
2. Scars
3. Fountain of Wishes
4. Bring The Rain
5. Pledge Your Allegiance
6. The New Breed
7. A Toda Madrè ò un Desmadrè
8. Judgement
9. The World Is My Enemy Now
10. Blood, Sweat and Tears
11. I’ve Earned My Time
12. Middle Finger To The World