I paladini del “djent” tornano con un progetto a dir poco ambizioso: un concept diviso in due album, intitolati rispettivamente Juggernaut: Alpha e Juggernaut: Omega. L’annuncio di questa opera a dir poco mastodontica risale già ai tempi dell’uscita della loro seconda fatica intitolata Periphery II: This Time It’s Personal (2012), ma il discorso è stato evidentemente più volte interrotto e ripreso. Per ingannare l’attesa i Nostri hanno pubblicato l’anno scorso l’EP Clear, un esperimento più che altro carico di autocompiacimento. Queste due nuove opere sono invece molto diverse tra loro, nonostante siano inequivocabilmente unite dal punto di vista della narrazione del racconto. Il primo, Alpha, è sicuramente il disco più radio-friendly della carriera dei Periphery, mentre il secondo, Omega, rappresenta la parte più aggressiva della band. Ma procediamo con ordine.
Forse la definizione migliore per il primo capitolo è pop metal. Sì esattamente, proprio “pop” e per una volta il termine non ha significato negativo. Utilizziamo il termine prevalentemente in merito alla voce del signor Spencer Sotelo che, se paragonata agli esordi, è migliorata incredibilmente: le sue clean vocals sono infatti sublimi e in alcuni frangenti raggiungono dei picchi impressionanti. Sempre meritevoli sono anche i suoi growls e scream, sempre cavernosi e spietati. La facilità disarmante con cui il frontman ondeggia tra le due modalità canore è evidente fin dalle prime due tracce, la malinconica e sorniona “A Black Minute” e la schiacciasassi “MK Ultra”. Questi due brani racchiudono tutto il carico di idee e energia della band del Maryland: passaggi lenti e melodiosi si pongono in forte contrasto con le ritmiche violente e dissonanti degne dei migliori Meshuggah. Nulla è lasciato al caso, grazie ad una sontuosa produzione, curata anche dal bassista Adam Nolly Getgood, il quale è anche spesso capace di riscaldarci con i suoi toni caldi e armoniosi. Egregio è il lavoro della mente del gruppo, Misha Bulb Monsoor. Le ritmiche da lui partorite sono come sempre catchy e cariche di groove, mentre le armonizzazioni degli altri due chitarristi, Bowen e Holcomb, danno una marcia in più a tutta l’opera, per non parlare degli assoli, curati e mai banali. Tra le tracce più interessanti troviamo sicuramente la title track “Alpha”: l’incipit, che sembra quasi l’avvio di un videogame del Game Boy, è seguito dall’immancabile groove creato dal batterista Matt Halpern, dotato di uno stile molto vario e tecnico.
Alpha è composto da un ottimo lotto di pezzi mai eccessivamente lunghi, che fanno risaltare il disco per classe e gusto. L’evoluzione artistica dei Periphery sotto gli occhi di tutti, in alcuni momenti sembra quasi di ascoltare un album del geniale Devin Townsend. Ma adesso passiamo ad Omega, il “gemello cattivo”.
Il registro cambia completamente. I sette brani che compongono Omega sono più aggressivi e violenti. Il lato sperimentale, più “pop”, viene messo da parte in favore delle vecchie abitudini del sestetto. Le melodie sono sempre presenti, ma in quantità notevolmente minore: brani come “The Bad Thing” e “Graveless”, per quanto aggressivi, hanno dei passaggi decisamente orecchiabili. Colpisce particolarmente la diabolica “Hell Below”, la traccia sicuramente più lenta e cadenzata mai partorita nella breve carriera dei Periphery. L’atmosfera infernale generata è impressionante: le chitarre in drop C# sono durissime, il down tempo morboso e le vocals cavernose e gutturali conferiscono al pezzo un sapore quasi death metal, prima che arrivi un inaspettato outro in stile jazz a concludere il brano. La title track “Omega”, la suite dell’intero lavoro, possiede invece una struttura che ricorda i Between The Buried And Me, soprattutto quelli di The Great Misdirect. È suddivisa in tre movimenti: un primo più ruvido e abrasivo, un secondo contenente dei break che rimandano persino agli Incubus ed infine un terzo, in cui viene citata la title track del disco gemello.
Anche la seconda parte di questo concept è un’autentica perla. La tracklsit è complessivamente un po’ più prevedibile di quella del “gemello buono”, poiché composta da brani più classicamente nello stile dei Periphery, ma non per questo è meno interessante. Difficile scegliere quale sia il migliore tra i due album, entrambi regalano momenti epici ed indimenticabili. Per noi è un bel pareggio, e siamo convinti questa band, se continuerà sulla strada intrapresa, avrà un grandissimo futuro.
8.5
Juggernaut: Alpha
(Century Media, 2015)
01. A Black Minute
02. MK Ultra
03. Heavy Heart
04. The Event
05. The Scourge
06. Alpha
07. 22 Faces
08. Rainbow Gravity
09. Four Lights
10. PsychosphereJuggernaut: Omega
(Century Media, 2015)
01. Reprise
02. The Bad Thing
03. Priestess
04. Graveless
05. Hell Below
06. Omega
07. Stranger Things