L’addio di Alissa White-Gluz (adesso ha trovato nuova fortuna come cantante degli Arch Enemy) è stato un duro colpo per i fan dei The Agonist. Fortunatamente è stata scelta un’altra avvenente cantante altrettanto dotata sia di carattere sia di un’ottima tecnica vocale, qualità che non fanno assolutamente rimpiangere la bella vegetariana dai capelli blu. La prescelta si chiama Vicky Psarakis, un’americana di chiare origini elleniche diventata famosa per delle cover su You Tube: una scelta alquanto azzardata. Alla band non mancano certo gli attributi per una decisione del genere, e bisogna dire che i ragazzi ci hanno visto lungo. L’album precedente è stato un mezzo passo falso, quindi la pressione sul gruppo e soprattutto sulla new entry era abbastanza elevata, ma fortunatamente ha prevalso la voglia di riscatto. Siamo di fronte ad un nuovo anno zero per la band canadese.
I The Agonist mescolano fin dagli esordi elementi deathcore, metalcore, melodic death e thrash metal ma è sempre stata la voce femminile quella componente in più in grado di farli distinguere dalla massa. È altrettanto vero che i canadesi sono tradizionalmente un po’ prolissi e a volte addirittura confusionari, ma notiamo subito in questo nuovo lavoro che la formula è stato snellita e resa più diretta. La produzione cristallina (firmata da Chris Donaldson, chitarrista dei Criptopsy) è percepibile fin dai primi accordi di “Gates Of Horn And Ivory”, pezzo violento quanto un pugno nello stomaco. Tutti i brani lasciano intravedere un lavoro notevole al songwriting: l’esperienza maturata dalla band si concretizza in un album che, per quanto sia certamente di più facile ascolto rispetto ai precedenti, presenta sempre quelle strutture arzigogolate che sono ormai il marchio di fabbrica dei The Agonist.
La nota più positiva è data dalla signorina Psarakis, molto convincente nella sua performance. Se infatti per i growls gutturali e gli screams catarrosi lo “scontro” con la White-Gluz finisce sostanzialmente in pareggio, la nuova biondina si dimostra decisamente migliore nel comparto “pulito”, grazie ad un timbro più versatile e meno lirico rispetto a quello dell’ex cantante. Questa differenza si palesa nella parte finale della tracklist, nella quale sono presenti le tracce più melodiche del lotto, in particolare la ballata “A Gentle Desease”, impreziosita da un sorprendente assolo di basso.
In conclusione i The Agonist in versione 2.0 hanno sfornato un buonissimo disco e qualitativamente hanno ben sopperito alla mancanza della ex cantante, ora leader dei piatti Arch Enemy. L’alternanza tra pezzi morbidi ed episodi più frenetici funziona bene ancora una volta, a parte qualche filler ridondante. I fan della band possono andare a colpo sicuro, questo Eye Of Providence è il disco della rinascita.
7.0
(Century Media, 2015)
01. Gates Of Horns And Ivory
02. My Witness, Your Victim
03. Danse Macabre
04. I Endeavour
05. Faceless Messenger
06. Perpetual Notion
07. A Necessary Evil
08. Architects Hallucinate
09. Disconnect Me
10. The Perfect Embodiment
11. A Gentle Disease
12. Follow The Crossed Line
13. As Above, So Below