I britannici TesseracT tornano a farci visita a pochi mesi dall’uscita del bellissimo live album intitolato Odyssey/Scala e ovviamente lo fanno in grande stile. Praticamente ogni anno, dal 2010 in poi, ci regalano emozioni con un full-length o con un EP; quest’anno è toccato al formato più lungo, ecco dunque Polaris. Il djent che caratterizzava la band agli esordi è sempre ben presente e più che mai “matematico”, ma è controbilanciato dal loro impeccabile tocco progressive metal, soave e sognatore. È grazie a questa maggiore ricercatezza che i TesseracT riescono distinguersi dalle migliaia di band prog o djent: il loro ipercubo è più solido che mai.
L’opener “Dystopia” è un sunto della loro carriera: i fraseggi djent monolitici cedono il passo a melodie e suoni eterei. Se volessimo fare un paragone, le parti prog si basano molto sullo stile dei celebri connazionali Porcupine Tree. Le vocals del ritrovato Daniel Tompkins sono ineccepibili: a seconda dei momenti risultano calde come lava o fredde come l’inverno siberiano. I brani più melodici, come “Hexes”, “Torniquet” e “Cages” elevano la band ad una dimensione nettamente superiore alla media per capacità di trasmettere emozioni. Le pulsioni di metallo iper tecnico sono però sempre dietro l’angolo ed esplodono in pezzi come “Utopia” e la spigolosa “Messanger”, ricche di contraccolpi ritmici densi e duri come il calcestruzzo armato. Lampi di genialità e classe trasudano da questo album: le frasi ritmiche del bassista Williams sono da capogiro per quanto sono piene di groove e dispari La vera ciliegina sulla torta è tuttavia l’ultima traccia, “Seven Names”, che inizia con una vena molto delicata ed è caratterizzata da suoni suadenti che si caricano senza mai diventare cafoni o eccessivamente violenti, andando a costruire un brano di una bellezza sconvolgente.
Polaris è un disco decisamente ispirato, quarantasette minuti che volano via come una brezza marina lasciando una forte sensazione di appagamento. I TesseracT non hanno ormai davvero nulla da invidiare a nomi più blasonati del genere e lo dimostrano con un lavoro senza fronzoli né iper tecnicismi fuori luogo ed inutili. Con la classe che, ormai possiamo dirlo, li contraddistingue, hanno sorpreso ancora una volta, impegnandosi in una prestazione oggettivamente sontuosa ed elegante come non mai.
8.0
(Kscope, 2015)
1. Dystopia
2. Hexes
3. Survival
4. Tourniquet
5. Utopia
6. Phoenix
7. Messenger
8. Cages
9. Seven Names