Sólstafir, Mono, The Ocean, Pigs, Sofy Major, Hyperwülff, Mutoid Man, Storm{O}, Meanlover. Non è la line-up di un nuovo, molto eterogeneo festival musicale, ma i gruppi che, per una straordinaria coincidenza, era possibile godersi a Bologna in soli tre giorni, dal 28 al 30 ottobre appena trascorsi. Merito dei ragazzi del Freakout Club, che da un paio d’anni osservano con attenzione i tour europei passanti per l’Italia e riescono ad intercettare davvero moltissime band, proponendo spesso serate con ingresso ad offerta libera e appoggiandosi a locali storici come il Locomotiv per i concerti di maggiori dimensioni. È davvero un momento bellissimo questo per vivere a Bologna, con buona pace di mogli, mariti e fidanzate/i che un giorno potranno citare la programmazione del Freakout come causa principale della separazione dai loro partners.
PIGS + SOFY MAJOR + HYPERWÜLFF
Freakout Club, Bologna
28 / 10 / 2015
HYPERWÜLFF
Della bravura on stage degli Hyperwülff vi abbiamo già parlato all’inizio dell’anno. Nel frattempo è uscito il loro primo full-length e i ragazzi hanno continuato a suonare parecchio, togliendosi diverse soddisfazioni, come quella di aprire un concerto dei “numi tutelari” High On Fire. I due Iperlupi questa sera sono costretti ad esibirsi in un clima freddino, ma loro non sembrano preoccuparsene: l’immersione di questi ragazzoni nella loro musica è totale, e per loro non pare esserci differenza tra suonare davanti ad una manciata di persone o qualche decina, come succederà verso la fine della performance. I brani del nuovo Erion Speaks, per la maggior parte presenti anche nell’EP omonimo, sono ormai rodatissimi ed un pezzo come “Robogoat” continua ad essere un’irresistibile hit. C’è spazio però anche per qualche novità stasera, un nuovo brano molto coerente con la proposta dei Nostri e una divertente riproposizione del tema del videogioco Final Doom (l’origine di questo brano ci è stata comunicata da loro, noi non l’avevamo riconosciuto ma eravamo rimasti ammaliati dall’incipit marziale del brano). Insomma, verificata ancora una volta la bravura di questo duo dal vivo, non possiamo che rinnovare l’invito a scoprirli.
SOFY MAJOR
I Sofy Major sono una delle sorprese più belle dell’anno. Cresciuti all’ombra dei Pigs e in generale di tanti mostri sacri del noise rock, i tre francesi con l’ultimo Waste hanno compiuto un decisivo salto di qualità, ottenendo con piccoli accorgimenti melodici una formula fresca e sufficientemente personale. È però su un palcoscenico che la bontà della loro proposta emerge in maniera lampante: a differenza del collega che ha recensito Waste avevamo dedicato solo pochi ascolti al disco, tuttavia in breve tempo ci siamo accorti di come i nuovi pezzi dei Sofy Major risultino molto riconoscibili e tremendamente coinvolgenti in sede live. La band ha un gran groove, la voce di Mathieu interpreta in maniera credibile i brani risultando efficace anche nei ritornelli melodici, e in generale la musica del trio francese risulta deliziosamente orecchiabile anche ad un non appassionato. La differenza con i brani più datati, piazzati a metà concerto, è molto marcata, ma più che svilire i pezzi vecchi questa diversità esalta la bontà di quelli nuovi, che col loro piglio sludgy potrebbero risultare ruffiani, ma che alla fine rendono la scaletta molto più efficace. D’altronde, quando, come si dice, c’hai i pezzi e li interpreti con convinzione e passione il risultato non può che essere ottimale.
PIGS
Quando si parla di Pigs si parla di un’istituzione, dotata di un nome ed un cognome: Dave Curran. Indubbiamente la maggior parte dei presenti è composta da fan degli Unsane, accorsi a vedere quella che, in un periodo di scarsa chiarezza sulla band, sembra essere la reincarnazione più credibile di quel sound che ha fatto e continua a far scuola ovunque nel mondo. Anche i Pigs, come i compagni di tour ed etichetta Sofy Major, hanno un disco nuovo fuori, Wronger, ma in questo caso non si può parlare di grandi novità: quello che va in scena al Freakout è un sempre apprezzabile revival degli anni Novanta a base di Pigs (Unsane) –sound. Detto della mancanza, per cause a noi sconosciute, di Andrew Schneider, sostituito dallo stesso Mathieu dei Sofy Major, è superfluo ribadire come l’attenzione di tutti i presenti sia rivolta a Dave Curran, che con fascino magnetico e genuina carica sbraita nel microfono con la sua voce acida e graffiante, invero alla lunga un poco monocorde. Curran alla fine la porta a casa d’esperienza, grazie ad una formula collaudata che fa rapidamente presa sugli astanti; se da una parte resta la sensazione di aver assistito ed essersi accontenti di un concerto degli Unsane “a metà”, dall’altra vale la pena notare come, in fin dei conti, sia un gran bell’accontentarsi.
SÓLSTAFIR + MONO + THE OCEAN
Locomotiv Club, Bologna
29 / 10 / 2015
THE OCEAN
Entriamo al Locomotiv alle 21.10, sicuri di aver peccato di eccessivo ottimismo fidandoci degli orari ufficiali pubblicati, e invece i The Ocean stanno già suonando dalle 21 e il locale è pieno ben oltre la metà: una situazione sorprendente spiegabile solo se si considera il grande richiamo esercitato da queste parti dall’ex “collettivo” tedesco. Malgrado i teutonici non si definiscano più in questo modo sul palco si presentano comunque con una formazione di sette elementi: il risultato è quello di un gruppo un po’ sacrificato, ognuno relegato nel suo angolino e il solo cantante a cercare di movimentare la situazione, azzardando pure qualche stage diving. Sarebbe bello vedere i The Ocean all’opera in un contesto diverso, magari da headliner su un grande palco, per verificare se abbiano anche la personalità, oltre che la competenza, per misurarsi “coi grandi” del genere. Oggi la band, pur interpretando al meglio una manciata di bei pezzi (tratti per lo più dall’ultimo Pelagial e dallo split coi Mono), continua a darci l’impressione, forse viziata dal ruolo di opener che ricopriva, dell’eterna promessa a cui manca ancora qualcosa per spiccare definitivamente il volo.
MONO
Con i Mono il discorso è ben diverso. I giapponesi sono da tempo delle vere istituzioni in ambito post rock, e se anche gli ultimi dischi potrebbero non mettere d’accordo tutti è innegabile che dal vivo possiedano un fascino magnetico, oltre che un suono bello e immediatamente riconoscibile. Certo, gli si potrebbe imputare un eccessivo immobilismo on stage (inoltre, il fatto che tre su quattro suonino seduti li rende pressoché invisibili oltre le prime file), ma i Mono sono così, timidi musicisti abituati ad esprimersi solo con la propria musica (o quasi). Ne viene fuori uno show al solito “intimo”, con buona parte del pubblico intenta ad apprezzare in religioso silenzio la musica strumentale del quartetto nipponico. È la terza volta che “Taka” e soci passano da Bologna nell’arco di pochi anni (l’ultima occasione risale soltanto alla primavera scorsa), ma anche stavolta siamo stati rapiti dalla realtà per un’oretta buona, nella quale la band ha riproposto brani recenti così come vecchi classici. Siamo sicuri che questo tour con gruppi tanto diversi da loro abbia giovato notevolmente alla popolarità dei Mono, una band che come poche sa esprimersi con un linguaggio musicale davvero universale.
SÓLSTAFIR
Dei Sólstafir abbiamo sentito parlare parecchio ultimamente, principalmente per la controversa vicenda che ha portato alla separazione con lo storico batterista. Prima ancora di questa querelle, però, nel 2014 è uscito il bellissimo Ótta, successore di quello Svartir Sandar che aveva ridefinito le coordinate stilistiche dei Nostri arrivando a lambire territori molto vicini al post rock. La setlist della serata è ovviamente incentrata sui pezzi dell’ultimo lavoro, con qualche sporadica incursione nel passato, e la scelta non può che renderci felici. Sull’interpretazione dei brani, assolutamente impeccabile, si possono fare pochi appunti; qualcosa in più si potrebbe dire sul resto dello show. Tralasciando il look da “cowboys dei ghiacci”, che lascia un po’ interdetti ma che è da considerare un trademark della band, a lasciar straniti è il bizzarro senso dell’umorismo degli islandesi, che sembrano prendersi molto sul serio per tutto lo show salvo poi lanciarsi in siparietti tra i brani che lasciano quantomeno perplessi, come quando viene chiesto ad uno spettatore in prima fila di tradurre il titolo della canzone “Pale Rider”. Il frontman Addi un po’ “si atteggia” da rockstar, e chi per di più non apprezza la sua particolare timbrica potrebbe pure trovarlo poco simpatico, ma è indubbio che quando sono intenti in quello che sanno fare meglio, cioè suonare, i Sólstafir si confermano come una band di valore assoluto. Un ultimo appunto: invece di proiettare solo la copertina dell’ultimo disco, non sarebbe il caso di investire su dei visuals, che tanto potrebbero donare ad un gruppo sì competente ma, a conti fatti, un po’ “freddino”?
MUTOID MAN + STORM{O} + MEANLOVER
Freakout Club, Bologna
30 / 10 / 2015
MEANLOVER
Il venerdì, ultimo giorno di questa speciale “tripletta” di concerti, si apre con i Meanlover, band di recente formazione già piuttosto attiva in giro per l’Italia. I pezzi dell’esordio omonimo, ai quali prima del concerto avevamo dedicato un ascolto senza dubbio sommario, sono caratterizzati da un noise cupo dal retrogusto punk e dalla natura volutamente grezza. Anche dal vivo il sound dei Meanlover risulta piuttosto caotico; non riusciamo a capire quanto ci piaccia la voce “strascicata” del cantante e il suo andamento caracollante sul palco, ma questa pare essere una peculiarità della band, altrimenti complessivamente poco dinamica. I ragazzi sembrano comunque avere le idee chiare sulla propria musica e dimostrano una buona personalità; noi stasera non siamo rimasti molto impressionati, ma contiamo di rivalutarli in seguito quando saranno maggiormente rodati.
STORM{O}
Gli Storm{o} suonano spesso a Bologna, eppure c’è sempre tanta gente a vederli. Ormai i ragazzi di Feltre hanno un seguito di affezionati molto corposo, guadagnato in anni di gavetta e concerti intensi e coinvolgenti, culminati lo scorso anno nella pubblicazione di Sospesi Nel Vuoto…, un disco che li ha posti all’attenzione di tutta Italia e non solo. Ormai un loro concerto è un piccolo rito collettivo fatto di sudore e poesia gridata; lascia un po’ straniti dunque la mancanza di “In Volo”, che di solito inaugura il suddetto rito. Il concerto di stasera però è speciale, perché in una scaletta lanciata ai mille all’ora c’è spazio per alcuni brani nuovi, che saranno registrati a breve dai quattro. È difficile al primo impatto dare un giudizio sulle nuove composizioni, considerando che nella musica degli Storm{o} ha una funzione di primaria importanza l’aspetto lirico, difficile da cogliere in sede live senza aver prima “fatto propri” i testi. Dal punto di vista stilistico però non abbiamo riscontrato grandi stravolgimenti nella formula di base, e in fin dei conti questo non può che farci piacere. Siamo molto curiosi di sentire cosa ci proporranno in futuro questi ragazzi, una live band di qualità che finalmente sta cominciando a raccogliere quanto di buono ha seminato negli anni.
MUTOID MAN
Che concerto. I Mutoid Man sono senza dubbio una delle rivelazioni dell’anno. Chi ha apprezzato Helium Head e Bleeder ma pensava che questa band fosse un semplice divertissement di Ben Koller (Converge) e Steve Brodsky (Cave In) non deve assolutamente perdersi l’occasione di vedere i Mutoid Man on stage. La loro miscela di math-core e rock “classico”, riletto in chiave squisitamente punk, dal vivo è semplicemente irresistibile. I tre Mutoid Man (ai due “santoni” già citati si aggiunge il bassista Nick Cageao) non sembrano accusare mai la fatica e soprattutto si divertono un mondo, mandandosi vicendevolmente a quel paese mentre suonano e trattando con irriverenza la propria musica affatto banale. Dovrebbe essere superfluo sottolineare la perizia di questi tre musicisti, ma bisogna spendere assolutamente qualche parola sull’eccezionale ugola di Brodsky, dotato di un’estensione vocale sorprendente e apparentemente a suo agio su un’infinità di registri: irresistibili in particolare i falsetti sulla cover di “Don’t Let Me Be Misunderstood”, che, se su disco diverte, dal vivo diventa una vera arma impropria utilizzata dai Mutoid Man per annichilire la platea e farli vincere a mani basse su tutte le band che nel 2015 abbiano suonato da queste parti. Diversi i “numeri” proposti dalla band nel corso dell’esibizione (tra le altre cose uno scambio di strumenti tra Brodsky e Cageao), ma non vorremmo dare l’idea di una band di circensi: i Mutoid Man, nonostante le apparenze, fanno tremendamente sul serio e incarnano al meglio l’ideale di rock band in senso lato capace di stupire e far genuinamente divertire il proprio pubblico.