Ogni volta è la stessa storia. Gli anni Dieci, una vera e propria Era delle Reunion che è diretta conseguenza dalla povertà del decennio precedente, ci stanno offrendo continue occasioni di riflessione sulla buona fede delle tante formazioni che periodicamente giocano coi nostri cuori annunciando il ritorno sulle scene. Il discorso non può non ripetersi con gli At The Drive-In, band che come poche ha saputo traghettare nel nuovo millennio certe sonorità dei gloriosi Novanta, modificando la storia del “post-hardcore”, dell’emo in senso “nobile” o, più semplicemente, dell’alternative rock tutto. In questi casi la partecipazione è un vero e proprio atto di fede, sia per chi quei tempi se li è goduti, sia per chi, nato troppo tardi, è cresciuto nutrendosi del mito. Il repentino (e sospetto) “abbandono della nave” di Jim Ward appena prima della partenza del tour ci aveva infastidito, ma non abbastanza per impedirci di partire in pellegrinaggio verso Milano. Manco a dirlo: per fortuna.
AT THE DRIVE-IN
Fabrique, Milano
07 / 04 / 2016
Bisogna dirlo: le cattive sensazioni non spariscono subito. Se infatti da una parte non potevamo chiedere inizio migliore di “Arcarsernal”, dall’altra è un peccato che sia un pezzo simile ad essere indebolito dai classici ultimi aggiustamenti dalle parti del mixer. Pure la band ci sembra un po’ freddina in partenza, ma già con “Pattern Against User” il terrore della delusione comincia a svanire. E così, senza che sia possibile rendersi conto quando realmente sia scattato l’interruttore dentro di noi, ad un certo punto perdiamo totalmente la cognizione del tempo e dello spazio mentre realizziamo di stare assistendo a qualcosa di magnifico. Sembra di partecipare ad una data del tour di supporto a Relationship Of Command: il capolavoro per il quale gli At The Drive-In saranno sempre conosciuti viene letteralmente saccheggiato e i pezzi, manco a dirlo, suonano freschi come se fossero stati composti ieri. In scaletta c’è spazio anche per due “classici” di In/Casino/Out e un paio di chicche dall’EP Vaya, ma è evidente come tutto il pubblico sia giunto a Milano soprattutto per tributare omaggio al grande disco del 2000. La cosa più bella, però, è che gli At The Drive-In sono i primi ad essere tornati indietro di quindici anni: Omar Rodrìguez-Lòpez deve aver stretto un patto col demonio per essere così tirato a lucido, mentre Cedric Bixler-Zavala, pur con un filo di comprensibile pancetta, salta e si dimena come un ragazzino. Quella del cantante sembra davvero la performance di un giovane musicista giunto per la prima volta in Europa e pronto a buttarsi nel fuoco per impressionare il suo nuovo pubblico. Certo, la voce non è più quella di un tempo, ma Cedric, consapevole per primo di ciò, gestisce benissimo le sue corde vocali, senza risparmiarsi mai e mantenendo sempre un livello alto, riuscendo contemporaneamente a catalizzare l’attenzione di tutti sul palco con fascino magnetico. Alla luce di ciò non ci si stupisce a notare come l’assenza di Jim Ward non abbia pesato poi tanto: è vero, anche le sue seconde voci avevano un timbro caratteristico, ma durante il concerto non ci siamo soffermati poi molto sulla cosa e in generale Keeley Davis è un più che degno rimpiazzo.
Gli ultimi dubbi sulla bontà di questa reunion anche senza Ward sono stati spazzati via sul finale, quando Bixler-Zavala, dopo aver ricordato i primi tour davanti a pochi individui, non è riuscito a ringraziare il pubblico perché interrotto dall’ovazione degli astanti e da un moto di sincera commozione che gli ha letteralmente rotto la voce in gola. Sull’onda di queste emozioni tutti i presenti, pubblico e band, hanno partecipato ad una “One Armed Scissor” da brividi, prevedibile chiusura di un concerto memorabile con il quale gli At The Drive-In si sono davvero ricongiunti con il pubblico italiano, dimostrando grande professionalità e infinita passione. Alla luce di ciò, siamo anche propensi ad accettare con maggiore positività la notizia di un nuovo album all’orizzonte: questi ragazzi, che tanto hanno fatto per la formazione musicale e la vita di molti di noi, si meritano davvero di godersi il successo solo accarezzato quindici anni fa.