I bergamaschi Hungry Like Rakovitz stamparono la loro primo demo nell’ormai lontano 2006; da lì in poi pubblicarono uno split con gli O e ben altri tre dischi con questo Nevermind the Light. Stiamo parlando di una band navigata, non conoscerli ormai è una grossa pecca.
Dopo una breve intro, “Dissident” apre l’album facendoci storcere un po’ il naso: si tratta di una canzone dal sapore monotono per gli standard di questo gruppo, una parola che proprio non si addice ai Nostri, che ci hanno abituati con tutte le precedenti produzioni ad uno stile fresco e ben definito. Questo si trasforma in un effettivo scoglio da superare, prima che si spalanchino le vere e proprie porte dell’inferno dei peccatori a testa in giù. Ma non ci facciamo impensierire per così poco, perché passati questi esigui minuti si arriva a “Inevitable Return to Darkness”, pezzo presente nel tape rilasciato a fine gennaio che fa esplodere tutto il potenziale di questo quartetto, pari a quello di una bomba H da 100 megatoni. Schizofrenici nei loro cambi di tempo e allo stesso tempo devastanti con i loro granitici riff, è molto difficile etichettare gli Hungry Like Rakovitz: ci sono sicuramente molte influenze che questi ragazzi metabolizzano e che fanno emergere a loro immagine e somiglianza. Non si può parlare solo di grindcore, sludge e black metal, a questo punto il termine grimecore da loro stessi coniato per descriversi diventa calzante e obbligatorio. La sezione ritmica gioca molto su repentini stacchi degni dei Discordance Axis, accelerando o decelerando a secondo del bisogno in maniera imprevedibile, con un groove mai lasciato per scontato. La chitarra diventa prolungamento di questa necessità di ritmo sfrenato e dissennato, aggiungendo a volte un poco di melodia o riff aperti che, anche grazie all’ottimo lavoro fatto allo Studio73 di Ravenna, diventano veri e propri schiaffoni in faccia in formato musicale. In soldoni, se non l’avete capito, la produzione è ottima. Non c’è voce pulita che possa assoggettare questo marasma, growl e screaming si alternano pezzo dopo pezzo assecondando l’insana pazzia che colma questo lavoro perforando piacevolmente i nostri timpani.
Nevermind the Light è senza dubbio il capitolo migliore degli Hungry Like Rakovitz, un primo passo verso un reale riconoscimento internazionale per questa formazione tutta italica che riesce a sintetizzare e distillare trenta anni di rock estremo in maniera veramente personale e senza orpelli superflui. Qui si sta parlando di un disco da avere e consumare in stereo fino all’assimilazione totale; ammettiamo che quando ci si riempie la bocca di così tanti complimenti per qualcuno si rischia sempre di sembrare eccessivamente referenziali, ma non è semplice rappresentare quello che potrebbe essere l’unione dei già citati Discordance Axis con Soilent Green, Slayer, Gorgoroth e gioia nel pestare duro tutta nostrana. A quanto pare, però, c’è chi ci riesce.
(Blasphemy Worldwide Records, Shove Records, Drown Within Records, Dingleberry Records, Controcanti, Icore Produzioni, 2016)
1. Under A Wolf Skin We Lurk
2. Dissident
3. Inevitable Return To Darkness (Obscuritate I)
4. With Death In Our Hearts
5. Farewell To Solar System
6. Ouverture For The Flesh Eaters
7. Trophies, Not Prisoners
8. Pagan Terrorism (Obscuritate III)
9. Wildweed
10. Bad Rune Rising
11. Black Comet
12. Refusing Light