Per approcciarsi a questo disco le parole d’ordine sono solitudine e depressione. Moonlover è il secondo album del quintetto americano Ghost Bath.
Il loro sound è racchiuso all’interno dello stile definito “post-black metal”: in particolare, i Ghost Bath attingono principalmente al cosiddetto ramo blackgaze, portato in auge ad inizio anni ’10 da gruppi come Alcest, Lantlos, Amesoeurs, Hereotir. La band apprende la lezione (forse troppo) e la mette su disco, non andando però oltre i dettami del genere.
Sezioni solitarie di pianoforte e qualche traccia strumentale più calma e malinconica spezzano la monotonia del full-length, creando momenti più catartici e malinconici. I suoni si apprezzano di più durante l’ascolto, gli strumenti sono registrati in maniera sopraffina e il missaggio fa un ottimo lavoro. Anche la voce straziante tipicamente DSBM risulta ben inserita, ma spesso risulta essere in secondo piano; probabilmente questa è una scelta voluta, che lascia all’ascoltatore l’idea di essere un grido lontano ed irraggiungibile.
Moonlover è un disco senza infamia né lode, che porta avanti una tipologia ormai ben codificata di metal senza però aggiungere nulla di personale. Sembrava che il genere fosse in procinto di passare in secondo piano, ma grazie a gruppi come Deafheaven e i qui presenti Ghost Bath continua ad avere un buon richiamo di pubblico.
(Nuclear Blast, 2015)
1. The Sleeping Fields
2. Golden Number
3. Happyhouse
4. Beneath the Shade Tree
5. The Silver Flower (Part I)
6. The Silver Flower (Part II)
7. Death and the Maiden