La meontologia, o studio del non-essere, è una branca difficile ed elitaria della filosofia moderna volta ad un nichilismo moderno senza spiragli di luce. Erroneamente si può pensare ad una forma mentis fine a sé stessa ed inutile in quanto tale, ma partendo da Nietzsche e passando per Cioran fino agli ultimi profeti di tale branca (vedasi Brassier e Ligotti in primis) si può apprezzarne le infinite sfumature esistenzialiste. Partendo da tali coordinate ci ritroviamo tra le mani questo nuovo Decathexis (in gergo tecnico indica la regressione della mente verso una totale mancanza d’interesse per il mondo circostante), secondo album dei sardi VIII, che si sviluppa ambiziosamente in cinquanta minuti totali, suddivisi in tre diversi archi temporali – concettuali.
Dopo la prima prova a nome Drakon, generalmente ben accolta ma a parere di chi scrive non particolarmente eclatante, i Nostri cambiano decisamente rotta virando dalle precedenti influenze industrial/groove verso lidi sperimentali ed avantgarde. La formula musicale attinge così a piene mani da tutto lo scibile musicale dei nostri, mantenendo come base un black metal a metà via tra il religious e le derive dissonanti della scuola moderna, arricchito qui da svariati inserti industrial, jazz, lounge, ambient. Il risultato è l’immersione profonda nella psicopatia del protagonista, espressa qui con vari toni e cambi di registro volti a disorientare l’ascoltatore e a dipingere un quadro profondamente complesso e in totale evoluzione.
“Symptom” inizia il viaggio verso la prima affermazione del decadimento mentale del protagonista, “figlio di un utero cancrenoso” (cit.), introducendo quello che sarà il leitmotiv del disco stesso: cambi di registro frequenti e continue evoluzioni sonore, decrescendo e crescendo continui senza sosta apparente. “Diagnosis” si rivela la traccia più esauriente di Decathexis e anche la più stoica da digerire, tronfia ed arricchita all’inverosimile di tutto quello che la folle fantasia dei VIII ha potuto partorire ed assemblare, qui concettualmente volta a dimostrare la rivelazione vera e propria della futile esistenza che ci circonda. “Prognosis” cambia apparentemente registro, più indirizzata com’è su up-tempo ed un flavour quasi thrash nelle dinamiche iniziali. Il capitolo finale travolge inizialmente con quello che è l’intento ultimo dell’assimilazione, con la finale propagazione di un messaggio come una metastasi divoratrice del nostro essere; viene presto la deriva avantgarde e dissonante di estradizione francese e sezioni distaccate dal sapore spagnoleggiante ed ambient. Il capitolo finale non necessita infatti di continuità logica, e così le singole parti si evolvono indipendentemente pur rimanendo fedeli al concept stesso.
Non ci ritroviamo tra le mani un lavoro definitivo: siamo infatti dinanzi ad una prima interessante evoluzione di un modo d’intendere la musica che regalerà emozioni in un prossimo futuro. Una volta addomesticate le influenze (è facile notare la presenza alle volte palese dei Deathspell Omega e dei cugini Blut Aus Nord) ed amalgamato meglio qualche passaggio ci ritroveremo davanti una band personale e capace di affermarsi oltre i confini. Per il momento applaudiamo agli VIII e suggeriamo caldamente Decathexis a tutti gli amanti della musica oltre i confini.
(Third I Rex Records, 2016)
1. I – Symptom
2. II – Diagnosis
3. III – Prognosis