Il terzo disco è, tradizionalmente, quello reputato come centrale nella carriera di una band. C’era dunque una certa attesa per questo Rheia, terzo capitolo nella discografia degli Oathbreaker – tralasciando un EP iniziale e lo split coi sodali Amenra –, chiamati a ribadire quanto di buono già espresso nei precedenti Maelstrom (2011) e, soprattutto, Eros | Anteros (2013).
Rheia conferma il percorso di crescita dei belgi, che consolidano la propria identità in bilico tra post-hardcore e black atmosferico (o post-black, se più vi aggrada) attorno alle grandi qualità della propria frontwoman, Caro Tanghe. È senz’altro lei la grande protagonista di questo disco, che in più fasi sembra davvero costruito sulle sue non comuni (almeno in ambito hardcore e simili) doti vocali: ormai non più solo “urlatrice”, Tanghe ha sviluppato considerevolmente le proprie qualità anche nel cantato pulito, che è infatti molto più presente – e molto più incisivo – rispetto ai dischi precedenti. Proprio ad un pezzo con voce pulita (ed acustico) gli Oathbreaker affidano l’apertura dell’album (“10:56”), prima di travolgerci con la prevedibile ed attesa esplosione dell’accoppiata “Second Son of R.” e “Being Able to Feel Nothing”. Già questi due brani possono essere considerati il manifesto degli Oathbreaker odierni: partiture tipicamente post-hc si alternano a più violente sfuriate dal sapore black (il riff iniziale di “Being Able…” sembra rubato agli Mgła – è un complimento), il tutto mescolato con frequenti aperture acustiche e, come detto, l’alternanza dei diversi registri vocali della talentuosa cantante. Segue quindi l’acustica “Stay Here / Accroche-moi”, uno schema che verrà ripetuto altre due volte: un paio di brani più aggressivi sono seguiti da uno acustico. Dopo il suddetto intermezzo troviamo infatti la coppia “Needles in Your Skin”/ “Immortals”, cui segue “I’m Sorry, This Is”; infine le cugine “Where I Live” / “Where I Leave”, prima della conclusiva “Begeerte”.
Questa ripartizione schematica toglie, dobbiamo ammettere, un po’ di tensione ad un disco che, nei suoi brani più pieni, è davvero eccellente, grazie ad un giusto mix di aggressività e melodia, arrangiamenti molto curati, un riffing assai efficace nel creare tensione, una sezione ritmica incalzante. Ma questa articolazione della tracklist ci ha fatto sorgere il sospetto di una eccessiva artificiosità, anche perché i brani acustici ci paiono tutt’altro che imprescindibili: per chi scrive, rappresentano una dimostrazione dell’abilità vocale di Caro Tanghe e nulla più. Rheia rimane nondimeno un disco molto bello, sinora la prova migliore da parte di una delle più interessanti proposte in campo post-hardcore degli ultimi cinque anni. La domanda che ci sorge riguarda il futuro di questa band e di queste sonorità, ma sono interrogativi che esulano da una semplice recensione.
(Deathwish Inc., 2016)
1. 10:56
2. Second Son of R.
3. Being Able to Feel Nothing
4. Stay Here / Accroche-moi
5. Needles in Your Skin
6. Immortals
7. I’m Sorry, This Is
8. Where I Live
9. Where I Leave
10. Begeerte