Gli Ulcerate non hanno bisogno di presentazioni, essendo uno dei gruppi più rinomati della scena death; lavori come Everything is Fire e The Destroyers of All hanno permesso loro di diventare uno dei nomi fondamentali di questo decennio. Shrines of Paralysis era uno dei dischi più attesi del 2016: a distanza di tre anni da Vermis finalmente esce la nuova fatica del gruppo neozelandese.
Ad ogni full-length gli Ulcerate ci hanno abituati a dei cambiamenti, anche piccoli. Ogni disco è diverso dall’altro ma sempre riconducibile ad uno stile ben definito. Shrines of Paralysis ad un veloce e frettoloso primo ascolto può sembrare semplicemente un sequel di DoA (e già qui ci si potrebbe ritenere soddisfatti) ma è con le successive fruizioni che tutto si fa più chiaro: non vi è più solo devastazione e violenza ma la musica, il riffing, la composizione e soprattutto la struttura si apre verso atmosfere più melodiche e ascetiche, le canzoni risultano essere più progressive e “post” con anche del retrogusto doom, grazie a dei rallentamenti infilati qua e là. Shrines of Paralysis è una nuova visione, uno sguardo ancor più personale ed introspettivo alla musica e all’uomo, fatto di strutture lunghe e intricate che ci svuotano da qualsiasi tipo di emozione. Si aprono nuove strade per il trio, nuovi bivi che al prossimo disco si dirameranno ulteriormente per creare un’infinità di soluzioni e idee che s’intersecheranno tra loro destabilizzando e ammaliando. Si sente anche che la produzione e il mix ha voluto dare più risalto agli strumenti rispetto alle linee vocali di Kelland, le quali risultano più amalgamate al resto piuttosto che levitare sopra le parti strumentali. I tre danno libero sfogo alla loro padronanza tecnica sui rispettivi strumenti: chi colpisce più di tutti in quanto tecnicismi è sicuramente Merat, che in questo disco fa sentire un ulteriore miglioramento, confermandosi un mostro che devasta le pelli come pochi. Non sono però da meno Kellad, capace come pochi di riempire i soundscapes sonori con un basso oscuro, e Hoggard: proprio lui dona il maggior contributo al “cambiamento”, grazie a riff articolati che si espandono verso nuovi orizzonti.
Shrines of Paralysis è annichilimento e odio, un disco che non può passare inosservato, un disco difficile da digerire per chi non è abituato alla dissonante creatura chiamata Ulcerate. Non è un punto di arrivo ma più uno di partenza, un’apertura a nuove idee e nuove soluzioni. Una nuova visione, un nuovo fardello che ci accompagnerà durante la nostra vita, appesantendoci e facendoci male, ancora una volta.
(Relapse Records, 2016)
1. Abrogation
2. Yield to Naught
3. There Are No Saviours
4. Shrines of Paralysis
5. Bow to Spite
6. Chasm of Fire
7. Extinguished Light
8. End the Hope