Dopo il rilascio della Demo 2014 i romani Otus debuttano con questo full-length di notevole spessore, che naviga nelle acque scure del post metal senza tralasciare personalità e sperimentazione. L’album appare come una sorta di viaggio tra ritualismo, suggestioni mediorientali e rumori spaziali, dentro al quale i nostri sono molto abili a tessere trame, accelerare, rallentare, trasformare visioni mistiche in suoni, inglobando l’ascoltatore in vortici sonori alternati a ottimi riff circolari, impreziositi dall’uso di synth e dal bollente pulsare del basso. Molto ben riuscita la scelta di alternare le vocals in growl a quelle pulite (queste ultime ricordano la teatralità di un Mike Patton), capace di conferire un notevole pathos all’intero lavoro e distinguersi per personalità all’interno di un genere musicale in cui è molto facile cadere nel banale.
Non è il caso di questo 7.83Hz, un disco che parte da coordinate post metal/drone/ambient per dar vita ad un ottimo album suonato con cognizione di causa nei confronti dei generi citati, che ci regala una band pronta per sganciare gli ormeggi dal porto e navigare nelle acque profonde e nere di quegli abissi dove hanno circolato i defunti Isis e dove navigano tutt’ora gli introspettivi The Atlas Moth e i Cult Of Luna.
7.83Hz è un album molto curato e ben eseguito; potremmo quasi definirlo esoteric/post metal, per l’estetica (l’artwork della versione digipack è davvero fantastico) e i suoni. In definitiva, un’opera che merita la giusta attenzione ed il giusto tempo di ascolto e assimilazione e che di sicuro regalerà piacevoli momenti all’ascoltatore e farà alzare il volume agli appassionati del genere. Segniamo il nome, proprio come ha fatto la sempre attenta e competente Argonauta Records, che ha deciso di mettere dentro al suo garage una potenziale fuoriserie.
(Argonauta Records 2016)
1. Avidya
2. Last Of The Four
3. Echoes And Evocations
4. Phurba
5. Theta Synchrony
6. 7.83Hz
7. Black Lotus
8. Alpha Phase
9. Res Cogitans, Rex Estensa