Alcune band basano la loro fortuna su uno stile riconoscibile, un determinato marchio di fabbrica rivisitato e riproposto disco dopo disco. Ognuno dei quali, non a caso, rappresenta quasi un ritorno “familiare” ai più, fan e non, ormai abituati a suoni e composizioni di stampo ben definito.
Non è il caso dei Boris e Dear lo conferma.
In perenne metamorfosi, il combo giapponese ha rilasciato dalla nascita più di venti album in studio: a passare in rivista la loro discografia si spazia dal grezzo sludge degli esordi al drone sognante di Flood, per giungere infine allo shoegaze distorto di Pink e a quel bizzarro semi-pop di New Album. Sostanzialmente l’attività della band è da sempre improntata allo sforzo pedagogico di trasmettere ai fan un semplice precetto: dai Boris ci si può aspettare tutto ed il contrario di tutto.
Anche Dear, infatti, prende forma in un limbo a sé stante. Il trio nipponico cerca la coerenza nell’incoerenza e nella disarmonia, costruendo passo per passo un’opera a tratti volatile e spettrale, a tratti densa e massiccia. Appunto per questa disomogeneità l’impatto con il disco non è certo facile: se l’immagine chimerica scelta come artwork confonde l’occhio, l’LP nel suo complesso fa lo stesso con l’ascoltatore. “D.O.W.N.” è uno tsunami di feedback e drone alla Earth, il cui peso (insieme a quello persino più oscuro e profondo di “Deadsong”) viene poi alleggerito dalla relativa ordinarietà-nel-disordine di canzoni come “Absolutego”, più puramente rock. “Beyond”, invece, è capace dopo un tale excursus di cullare l’orecchio tra melodie inaspettate ed un cantato che sa di Ride sotto acidi, preparando la strada al groove di “Biotope” ed un finale struggente quale “Dystopia –Vanishing Point-“. I Boris manifestano le loro innumerevoli teste d’Idra in pezzi a metà tra lo sperimentalismo più assoluto e le derive decisamente più accessibili degli ultimi dischi, ancor meglio riuscendo in quell’opera di straniamento che è Dear tutto.
In tutto quest’enorme coro di spettri, però, c’è un’apparenza (forse più profonda di quanto sembri) di equilibrio. I Boris non solo camminano sulla sottile linea che separa sperimentare e strafare, contaminare e perdersi, reinventare e ripetersi: quella linea è il loro regno da tempo e là dominano. Vivamente consigliato.
(Sargent House, 2017)
1. D.O.W.N. (Domination of Waiting Noise)
2. Deadsong
3. Absolutego
4. Beyond
5. Kagero
6. Biotope
7. The Power
8. Memento Mori
9. Dystopia –Vanishing Point-
10. Dear