Abbiamo scambiato due parole con i Minsk, che dopo quasi quindici anni di carriera continuano a portare avanti la loro proposta musicale post-metal, rendendola sempre più sofisticata e aristocratica. Nel loro cammino non hanno mai perso, album dopo album, la loro potenza sludge e la loro maestria nel creare atmosfere ruvide ma avvolgenti. Con The Crash And The Draw i cinque dell’Illinois si presentano in una forma strepitosa e con un consistente cambio di line-up, che permette alla band di consacrarsi tra i grandi nomi del genere senza finire dentro al calderone, senza ripetersi. Dimostrando, in sintesi, di trovarsi ad un livello superiore rispetto a tanti altri semplici comprimari.
Nel 2012 avete annunciato una pausa a tempo indeterminato ed in pochi avrebbero creduto di riascoltare un altro vostro album. Invece non solo vi siete riformati, ma avete partorito un nuovo lavoro e siete andati anche in tour. Potreste raccontarci che cosa è successo ?
Tim Mead: Beh quando abbiamo annunciato la pausa credo che non fossimo sicuri circa la via migliore da intraprendere. Sapevamo che le cose avevano bisogno di cambiare con quella formazione. Non eravamo sulla stessa lunghezza d’onda personalmente e creativamente, e non stava funzionando. Ci siamo separati dal nostro precedente batterista, che aveva fatto parte della band per molti anni, e questa era la cosa che ci voleva per riconoscere, alla fine, la via da intraprendere. Abbiamo iniziato a rimettere insieme i cocci, trovando un nuovo batterista, ripensando alcune cose con Sanford (Parker, basso e voce fino al 2012, ndr) affinché il suo ruolo fosse ridimensionato e aggiungendo un nuovo bassista in formazione. Una volta fatte le scelte difficili circa cosa servisse per smuovere le acque, ci siamo rimessi al lavoro ed è stato di nuovo eccitante… Scrivere un nuovo album, suonare dal vivo, fare ciò che abbiamo sempre fatto, ma ora con una visione più chiara e nuova linfa vitale per fare qualcosa di nuovo.
Chris Bennett: Abbiamo annunciato una pausa, ma non era da considerare come uno scioglimento, ci serviva solo del tempo per risolvere delle problematiche all’interno della band e nelle nostre vite private, quindi ci sembrava adeguato dire al mondo che avremmo mantenuto un basso profilo per un po’. So che molto spesso quando una band annuncia una pausa la gente automaticamente dà per scontato che sia finita, ma non era il nostro caso. Appena abbiamo iniziato ad essere più attivi non è stata una reunion ma una continuazione di ciò che abbiamo fatto in precedenza, stavolta con una visione chiara e l’aggiunta di nuovi membri nella famiglia Minsk. Nel 2009 è diventato evidente che avessimo bisogno di andare avanti senza il nostro vecchio batterista Anthony (Wyioming, ndr). Con Sanford, che diventava sempre più impegnato con il suo lavoro di ingegnere del suono, ci siamo accordati sul fatto che dovesse ricoprire una posizione più marginale nei Minsk. Alcuni di noi si sono trasferiti, hanno trovato un nuovo lavoro, si sono sposati; praticamente una serie di eventi è avvenuta nello stesso periodo, e non avevamo alcuna fretta di completare l’album entro qualche scadenza, quindi abbiamo deciso che per crearlo ci saremmo presi tanto tempo quanto ne fosse servito. Sapevamo di correre il rischio di essere dimenticati, in questo mondo di attenzione a breve termine e di hype creato dai media musicali, ma sapevamo che se avessimo dato tempo, cure e attenzioni necessarie al progetto i risultati sarebbero stati quelli che speravamo, almeno per noi stessi. Stavamo già iniziando a lavorare su alcune idee grezze per dei nuovi brani dopo aver annunciato la pausa. Aaron (Austin, ndr) è entrato nella band nel 2010, e abbiamo iniziato a lavorare sui nuovi brani subito dopo. Ryan (Thomas, ndr) si sarebbe unito nel 2011, e il suo drumming ci ha aiutati a spingerci avanti nel percorso verso il compimento dei nuovi pezzi. Zac (Livingstone, ndr) è entrato nel 2012, e poi Kevin (Randleman, ndr) sarebbe subentrato alla batteria poco prima di registrare The Crash & The Draw poiché Ryan ha dovuto trasferirsi molto lontano. Fortunatamente sia Kevin che Ryan hanno potuto collaborare a batterie e percussioni nell’album. Dal momento in cui abbiamo annunciato il “periodo di riposo” è stata una lunga, lenta ma significativa costruzione di nuova musica, il tutto mentre diventavamo una band più concentrata e compatta. Abbiamo fatto un breve tour nel midwest degli USA nel 2013 come banco di prova per i nuovi pezzi e per far sapere al mondo che ancora esistevamo, poi siamo tornati a lavorare sui brani fino al giugno 2015, quando abbiamo iniziato a registrare. Dopo di che abbiamo pubblicato l’album, svolto due tour europei e tre americani, e tastato con mano la gioia di essere abbastanza fortunati da incontrare tanta gente che aveva impiegato del tempo per ascoltare il nostro rumore. Ci sono molte band maestose oggi, quindi quando la gente presta attenzione a ciò che facciamo è davvero speciale. Questo significa molto per noi, oggi più che mai, e man mano che invecchio diventa sempre più importante, con il passare delle stagioni.
Come vi siete trovati con i nuovi 2/5 della formazione? Che tipo di rapporto siete riusciti ad instaurare ?
C.B.: Aaron, Zac, Kevin e Ryan erano parte della nostra estesa famiglia Minsk già da prima di entrare nella band, dato che abbiamo suonato con loro in altre band in passato e condividiamo le stesse radici e ispirazioni musicali. Avremmo fatto un disservizio ai Minsk se avessimo portato dentro qualcuno con cui non condividevamo la stessa storia musicale. Le nostre collaborazioni sono state vivaci, eccitanti e calibrate. Abbiamo impiegato innumerevoli ore per produrre le demo dei brani, e ciò ha fatto la differenza al momento di entrare in studio. Quando io e Sanford discutevamo sul ridimensionamento del suo ruolo nella band abbiamo lasciato le porte aperte per lui per collaborare in qualsiasi modo avesse voluto, dunque al momento di registrare ci è sembrato ovvio che sarebbe stato lui ad aiutarci a osservare il lavoro nella sua pienezza. Credo che a Sanford abbia fatto piacere essere produttore e fonico, anziché svolgere questo ruolo a fianco di quello di bassista. Ci ha dato una prospettiva fresca sul processo di registrazione. Adoro registrare con Sanford, ha un dono non solo nel trasformare dei suoni grezzi in qualcosa di magnifico, ma anche nel mantenere il processo in continuo sviluppo creando allo stesso tempo un’atmosfera tranquilla e serena attorno a sé.
Nell’avvolgente atmosfera di The Crash And The Draw possiamo percepire un’importante vena prog e post-rock. Avete spostato ulteriormente il vostro baricentro su questi generi?
C.B.: In realtà non ci concentriamo su nessun genere durante la fase di scrittura. Se una cosa era certa è che avremmo fatto parti le pesanti ancora più massicce e quelle più tranquille, più sottili. Le dinamiche sono di estrema importanza per noi, quindi è sempre una sfida cercare di cavalcarne le onde.
Penso che le canzoni migliori del vostro ultimo album, nonché le più rappresentative dei Minsk attuali, siano “When The Walls Fell” e “The Way Is Through”. Lunghi minuti fantastici che conducono l’ascoltatore in svariati paesaggi mentali. Potreste spiegarci come sono nate e come avete lavorato per raggiungere tali risultati?
C.B.: E’ interessante che tu abbia menzionato proprio queste due canzoni. I modi in cui sono state scritte sono parecchio diversi. “When The Walls Fell” era un pezzo a cui io e Aaron lavoravamo già prima che lui entrasse nei Minsk. Ho suonato il basso per qualche tempo nella sua band, i Cloud Burial, e abbiamo lavorato sulla canzone, ma non era ancora effettivamente finita. In seguito abbiamo provato a finirla e trasformarla in un brano dei Minsk. Sono contento che sia risultata così. “The Way Is Through” è invece venuta fuori in modo del tutto diverso. Avevamo lavorato sull’inizio della canzone per un po’ ma non eravamo sicuri circa la direzione da prendere, finché un giorno alle prove l’abbiamo messa insieme e il restante 75% del brano ci si è magicamente rivelato all’istante. E’ uno di quei momenti che sogni sempre, in cui sei capace di attingere da quel marasma e le idee vengono con facilità, e ti senti come se fossi solo un traduttore con il compito prendere qualcosa dall’etere e trasformarlo in qualcosa di appetibile, senza uno sforzo cosciente da parte tua.
A quasi quindici anni dalla vostra nascita e con quattro album all’attivo vi siete consacrati, tra alti e bassi, come una tra le più interessanti band post metal della scena. Come è stato il vostro percorso musicale? Chi erano, come vivevano e cosa ascoltavano i Minsk di Out Of A Center Which Is Neither Dead Nor Alive? Chi sono, come vivono, e cosa ascoltano ora i Minsk di The Crash And The Draw?
T.M.: Bene, per prima cosa ti ringrazio per queste parole. Non so se ce le meritiamo, ma è piacevole sentirsi considerati tali. Descrivere il nostro percorso musicale è sempre complicato, perché implicherebbe l’avere una prospettiva oggettiva dalla quale giudicare la nostra stessa storia. Forse ne saremo sempre troppo vicini per parlarne autorevolmente. Forse proveremo sempre a sembrare più impegnati e creativi di quanto siamo in realtà, provando a ri-raccontare la nostra storia. Ciononostante, comparare i Minsk dei primi album con quelli più recenti sembra divertente. Eravamo molto più giovani, ora siamo persone più formate. Come queste differenze si manifestano nella nostra musica non so dirlo. Ciò che abbiamo sempre sperato è che ogni album catturi uno spaccato di un frammento di tempo, qualcosa che onestamente e creativamente cattura “noi” in un determinato tempo e spazio. Ovviamente la musica parla in infiniti modi attraverso il tempo, qualcosa di dinamico e mai reinterpretato. Ma d’altro canto un album è un momento congelato, una sorta di artefatto archivistico. E’ in questo senso, la cultura statica e materiale di un gruppo di creatori. Definire i Minsk del 2003 o del 2015 non è tra le mie competenze. La mia speranza è che tra i due ci sia allo stesso tempo una crescita e una continuità. Posso dire certamente che i Minsk di Out of a Center… non potevano pensare, sentire e creare con la profondità dei Minsk del 2015, e io sono molto orgoglioso di ciò.
C.B.: E’ molto gentile da parte tua dire questo di noi, anche se non sono certo della definizione di “post-metal” e della scena che comprende. Il nostro percorso musicale è in continua evoluzione. Quando io e Tim abbiamo fondato i Minsk abbiamo usato il termine “bella bruttezza” per il modello base da cui volevamo partire. Abbiamo iniziato questo percorso con molto hardcore e punk, filtrato da un amore per il thrash/death metal e la musica elettronica/ambient. Ogni cosa che suonasse come un’emissione primaria di emozioni si è fatta spazio nella nostra eredità musicale. Ci sono molte pietre miliari che ci hanno guidato nel nostro cammino: Nick Cave, Dead Can Dance, Waylon Jennings, Einsturzende Neubauten, Paul Chain, Fugazi, The Obsessed, Ministry, Hawkwind, Neurosis, Sepultura, His Hero Is Gone, e altri ancora. Quando i Minsk sono stati fondati, speravamo di essere capaci di entrare in un filone specifico, ma non eravamo proprio sicuri di come trovare la nostra via. Questo flusso si sarebbe rivelato a noi in maniera singolare, quando meno ce lo aspettavamo e continua a fare ciò anche oggi, e lo farà anche in futuro se ci approcciamo ad esso con riverenza. E’ questo flusso creativo che esiste apparentemente fuori da ciò che possiamo coscientemente tentare di raggiungere. La nostra speranza è di funzionare come un condotto, o un filtro in un certo senso per tramutare le nostre esperienze dell’esistenza in qualcosa di più egualmente universale. Mentre digito queste parole sembra quasi ridicolo, ma quando lo riduciamo ai propri elementi base, ciò che davvero speriamo è convogliare questa sorta di unica esperienza sul vivere in questo mondo, in questo preciso tempo. Ogni album è rappresentativo del periodo di incubazione creativa ad esso connesso, quindi ognuno ha una sua propria storia. Comunque, hanno tutti origine da un posto simile. Out Of A Center Which Is Neither Dead Or Alive è l’atto di imposizione della band, la prima dichiarazione ampiamente riconoscibile, il passo successivo al nostro demo “Burning”, in cui abbiamo gettato tanto sovraccarico sensoriale sull’ascoltatore quanto potevamo. Quando ci penso, ogni nostro disco mantiene lo stesso approccio, ma si manifesta in maniere diverse. Out Of A Center… suona grezzo e incerto a volte, ma è mascherato da una magniloquenza sovraccaricata. Questa può sembrare la risposta più banale di semopre, ma The Crash And The Draw per me può essere definite come la più completa e ben pensata release dei Minsk fino ad oggi. Ovviamente questo è il mio punto di vista, ma posso riconoscere le cure e gli sforzi che ci sono dentro, e sembra che la band sia cresciuta dentro una bestia che porta con sé un senso di evoluzione. Dobbiamo ricordare che ogni volta in cui ci imbarchiamo in uno sforzo creativo, noi (spero) siamo capaci di riflettere la natura di cambio tra ognuno di noi come individuo e noi come insieme creativo. The Crash And The Draw sembra un ulteriore traguardo sul percorso, anzi un nuovo punto di partenza, e una promessa circa quali nuove avventure ci aspettano in futuro.
Nel vostro ultimo album c’è qualche facciata che volevate mettere più in evidenza rispetto ai vostri lavori del passato?
C.B.: Non decidiamo mai a tavolino di proporre un determinato sound in ogni album, ma spesso una certa atmosfera si rivela da sé. So che volevamo esplorare un’area sonora più concisa e pesante in senso lato. Con l’aggiunta di Aaron e Zac anche le nostre capacità vocali si sono ampliate, e sapevamo che le nostre vocals sarebbero state più stratificate rispetto ai precedenti album. Volevamo un lavoro che fosse più deciso nella sua forza comunicativa.
Avete fatto un notevole tour che è riuscito a toccare anche l’Italia, in un’unica data al Wave di Misano Adriatico. Come vi siete trovati nel nostro paese? E che tipo di risposta live avete ricevuto dai nostri fan?
CB: Trovo l’Italia bella e incantevole, intimidatoria e complessa, e, infine, una parte del mondo che vorrei esplorare molto di più. Spero che in futuro potremo fare più concerti in Italia, e connetterci ancor più da vicino con tutti i meravigliosi aspetti di una cultura così ricca. Trovo che la posizione geografica del vostro paese sia infinitamente intrigante. Cibo e vino fantastico, e molte regioni con le loro cucine tipiche. Ho un forte desiderio di tuffarmi nella profonda storia esoterica dell’Italia, e spero di imparare molto di più in futuro. Ricordo con affetto il nostro show al Wave. E’ uno dei pochi locali all’aperto in cui abbiamo suonato, e suonare i nostri brani al chiaro di luna in mezzo agli alberi è stato davvero speciale. Avevamo viaggiato per tutta la notte da Montpellier, in Francia, e quindi arrivare in un posto così accogliente ha ringiovanito i nostri corpi stanchi. Con i nostri compagni di tour Kowloon Walled City siamo riusciti a farci una breve nuotata nell’Adriatico, uno dei momenti migliori del nostro tour. Ricordo il vino che abbiamo gustato, e il risotto che ci hanno servito a cena era delizioso. In più c’era molta gente che arrostiva salsicce ed era grandioso. Un gran regalo post-concerto. Nel vostro paese vedo un’attenzione ai piccoli dettagli che spesso manca nel nostro. Abbiamo trovato gente affascinante e gentile alla serata, e giustamente grati che noi fossimo lì, e abbiamo sinceramente ricambiato.
Cosa c’è nel futuro dei Minsk ?
CB: Al momento stiamo lavorando su del materiale per due differenti release. Una sarà uno split con una band spettacolare con cui siamo amici e l’altra sarà un lavoro più piccolo, un EP magari, che conterrà del materiale nuovo e un paio di soprese divertenti. Stiamo lavorando su questi progetti ora, e attivamente componendo i brani per il prossimo full length. Continuiamo il nostro percorso, aspirando a creare qualcosa che ritragga la vita sulla Terra tramite i nostri occhi. Suoneremo al festival Psycho Las Vegas a fine agosto, poi un possibile tour e altre date estive più in là.
L’intervista si conclude qui, salutate come meglio credete i fans Italiani e Grind On The Road.
CB: Apprezziamo sinceramente l’intervista e speriamo di tornare in Italia appena possibile. Abbiamo sempre amato i nostri show italiani e ci riteniamo fortunati ad aver conosciuto tante persone meravigliose nelle varie città.