Ulsect è un progetto dai natali scomodi, nomi di un certo spessore artistico che immancabilmente generano dei confronti. Per due quinti proveniente dal mondo deviato e dissonante dei Dodecahedron e per un quinto dal suono progressivo dei Textures, l’universo sonoro dei nostri non rinnega tali natali ma nemmeno si ferma a tale bacino d’idee. Ulsect infatti appartiene in pieno all’ambito post dissonante e avantgarde che da qualche tempo sembra prendere sempre più spazio nel mondo musicale, ma presenta elementi ed una personalità che gli permettono di risaltare in pieno in mezzo al resto.
Per chi ha apprezzato Kwintessens sarà abbastanza difficile non pensare di continuo ai già citati Dodecahedron, infatti le linee chitarristiche di Joris Bonis possiedono una tale personalità e peculiarità che lo stile risulta subito riconoscibile. Discorso a parte per sezione ritmica e voce, la prima sempre azzeccata ed incalzante con passaggi martellanti e cacofonici alla Ulcerate intervallati con momenti più blandi e rilassati (ma sempre deviati) e dinamiche ritmiche più “core” (fa soprattutto piacere riuscire a distinguere il basso in mezzo a tutto il caos sonoro) che ben si sposano a tutto il resto. La voce è un altro discorso, abrasiva ma non profonda e cavernosa come spesso capita in generi affini, sempre calibrata alla perfezione nel contesto.
Pezzi come la prima “Fall To Depravity” e “Diminish” riassumono alla perfezione quanto detto, violenti, esasperanti e tuttavia talmente variegati da stupire per la fantasia compositiva. Splendido anche il passaggio strumentale di “Moirae”, un perfetto connubio di pachidermia sonora e psichedelia disturbante e dissonante. A seguire la formula si ripete sempre con fantasia nonostante la monotonia compositiva che omogenizza il disco, tanto per fare un ultimo esempio citiamo la furia senza freni di “Unveil” e la tecnicità di “The Ending” divisi dalla raffinatezza di “An Augury”, pezzo delicato e disturbante con un crescendo che dimostra l’abilità dei nostri di esplodere senza rovinare l’eleganza di una composizione.
Per concludere, non possiamo fare altro che suggerire l’ascolto di questa gemma nera. Ultima nota, non si può non rimanere stupiti dalla prolificità di un personaggio come Joris Bonis, a breve distanza coinvolto in due degli album più complessi ed affascinanti dell’anno. Come si suol dire, tanto di cappello.
(Season of Mist, 2017)
1. Fall to Depravity
2. Our Trivial Toil
3. Diminish
4. Moirae
5. Unveil
6. An Augury
7. The Ending
8. Maunder