Nel panorama stoner/sludge/doom odierno è possibile notare una caratteristica tanto interessante quanto particolare, ovvero la coesistenza di un frangente di band volte alla sperimentazione, talvolta totale, al post- e alla contaminazione, con altre che hanno interiorizzato profondamente gli stilemi tipici del genere a tal punto da rendere i propri prodotti (al pari di chi ha deciso di guardare alla sperimentazione) originali, fedeli a se stessi e capaci di attirare l’attenzione su di sé volendo comunque restare ben delineati all’interno di una precisa sfera di interesse. Entrambi i segmenti sono definiti dalla propria intrinseca mentalità e modus operandi e risultano avere, a pari livello, release di grande spessore artistico dalla propria parte, alzando di volta in volta l’asticella proposta dalla scena stoner/sludge/doom, quindi non prevaricando l’una sull’altra, bensì risultando in un benefit collettivo per il panorama in questione.
Toad King, Ep di debutto del duo inglese Goblinsmoker, si qualifica a pieno titolo come esemplare esponente di quel segmento di band che hanno scelto di adottare a pieno titolo gli stilemi di un dato genere e di contribuirvi brillantemente. Ogni singolo elemento di quest’album, fin dai primi momenti dell’ascolto, è perfettamente riconoscibile e facilmente riconducibile ad un determinato genere musicale, a tal punto che un ascoltatore abituale di sludge metal capirà cosa gli si para di fronte sin dalla prima nota, letteralmente. Non che la prima traccia “Toad King” faccia particolari preamboli prima di esporsi nella sua totalità. Di questo tipo di schiettezza si contraddistingue tutto il resto dell’EP, ponendo l’ascoltatore dinnanzi ad un prodotto senza alcun tipo di compromesso. I Goblinsmoker propongono sludge metal, oscuro, lercio, mistificatore, rabbioso ed incentrato sul riff, proprio come i canoni stessi del genere suggeriscono. Toad King si propone come il debutto che si auspicherebbe ad ogni band sludge metal che abbia tutti i tratti per far seguire una straordinaria produzione musicale, e Sludgelord Records lo avrà ben intuito, accogliendo il duo inglese tra le sue file e fissando l’uscita dell’EP il 14 dicembre 2018, in digital download ed in una run limitata di tape (+ accendino), già sold-out, di cui si spera almeno in una seconda iterazione.
Quanto si evince sin dai primi momenti della prima traccia, nonché title-track, è che lungi dai Goblinsmoker andare per le sottili. Un breve intro di feedback e noise (probabilmente generato partendo da sample di gracidio dei rospi) scaraventa l’ascoltatore immediatamente nel mood che caratterizzerà tutta la release, in cui l’esempio dei canadesi Dopethrone è accettato e glorificato da riff incisivi e dal groove impietoso, che porta a visioni grottesche e furiose. Le influenze però le si trovano anche senza dover attraversare l’atlantico, riconfermando il Regno Unito sotto il dominio imperturbabile delle barbarie aperte tempo addietro dai Conan, dei quali il temperamento monolitico è stato assimilato nel migliore dei modi dalla band di Durham. “Toad King” è infatti la traccia che apre il banchetto ricco e pantagruelico, servito alla corte del re dei rospi, a cui è invitato l’ascoltatore affamato di sludge, che avrà modo di saziare ogni suo appetito truculento.
A metà strada “Take the Dead” si mostra senza riserve con dei riff impietosi, rituali e colmi di un’oscurità fitta, in cui le scream vocals di Adam Kennedy (mastermind del progetto) si inseriscono come pugnalate alla schiena a sangue freddo, rivelando una giustificatissima impronta black metal, che segue le orme che hanno ispirato, ancora una volta, gli stessi Dopethrone. I richiami di eccellenza non finiscono qui, identificando i primi Electric Wizard al centro del proprio panorama sonoro, con il loro iconico sound fuzzato ai limiti del nichilismo sonico che qui viene ripreso e reinterpretato. I brani istigano ad un (ab)uso del volume ai limiti dell’autolesionismo, in cui ogni attimo è segnato dalla volontà di fare sanguinare fango dalle orecchie dell’ascoltatore. Un contributo massiccio a questo ed a gli altri nefasti intenti dei Goblinsmoker risiede appunto nella cura dei suoni, a cui va un pegno di assoluto merito. Il ruolo della chitarra fuzzata all’estremo è in primo piano, elargendo ora riff Sabbath-cult ora droning dilaniante. Il basso (suonato sempre da Adam) è impietosamente overdriven e non si perde in movimenti superflui, restando ancorato fermamente all’intenzione, riuscita, di voler fornire una base solida come un pilastro di granito del decadente castello del Toad King.
Nota assolutamente intrigante è proprio l’immaginario sviluppato per il disco, che risulta di assoluta creatività, e se a primo impatto lascia (magari volutamente) disorientati, già dai primi secondi di esecuzione sarà molto chiaro di cosa si sta parlando e perché. Il tema dell’album consiste nella narrazione sviluppata intorno al personaggio del Toad King, monarca crudele ed insoddisfatto che regna vilmente sulle terre del bosco popolate dai goblin, suoi sudditi, i quali vengono soventi fumati con cupidigia dal sovrano, accettandoli per di più nel loro atto di sacrificio spontaneo. Lo scenario decadente e grottesco è perfettamente rispecchiato dal contenuto del disco ed arricchito da sample, opportunamente processati ad hoc, riportanti il gracidio incessante dei rospi, che viene inserito brillantemente, esaltando questo elemento per lo più innocuo ad incubo minaccioso che sovrasta le vite dei goblin così come i timpani dell’ascoltatore.
La batteria di Calum è riverberata maestosamente, scandisce con marzialmente l’andamento del disco e, come il resto degli elementi coinvolti, si inserisce con maestria nel contesto di sludge metal spregiudicato proposto dalla band, rifiutando ogni forma di suppellettile e finezza, votandosi ad una rabbia tracotante che annichilisce e travolge in ogni istante dell’EP. Nell’analisi dei suoni e del comparto tecnico di Toad King si evince una produzione di ottimo livello, che valorizza ogni elemento del disco, fornita dal mix del No Studio di Manchester e dal master di Audiosiege. La traccia di chiusura “Time To Ride” conduce verso l’abisso finale con un riffing spietato, caratterizzato da dei bending che fanno mancare il terreno sotto i piedi lanciando bombe urlanti di fuzz, in picchiata, dritte sulla testa dell’ascoltatore. Il minutaggio dei tre brani è assolutamente adeguato al genere, non scendendo sotto i 6:47 dell’opening track, permettendo ad ogni brano di avere il tempo necessario per trascinare l’ascoltatore in una dimensione sonica asfissiante ed oscura, che concentra tutte le sue forze nell’affrontare ed esporre gli stilemi tipici dello sludge metal autentico e di qualità, esaltandoli tutti alla loro massima espressione, scelta che dimostra grande consapevolezza e maturità artistica da parte del duo inglese.
Sempre riguardo il tempo di riproduzione la release ha una durata totale di 23:32, facendo rientrare Toad King nella categoria dell’EP, formato che può essere giustificato in quanto debutto studio della band, e che ha passato il banco di prova con tutti i crismi e che con quanto dimostrato vuole, auspicabilmente, annunciare almeno l’intenzione di mettere insieme un full-length da manuale, che promette di distruggere molti speaker e che fa tenere le orecchie (o quello che ne resta dopo l’ascolto di Toad King) aperte e pronte a cogliere il prossimo atto dei Goblinsmoker, che nel frattempo staranno già ammassando i cadaveri dei goblin da offrire all’ingordo Re Rospo, pronto a continuare la sua tirannia. Nonostante la release sia stata messa in piedi dai soli Adam e Calum, la band non lascerà dormiente la creatura mostruosa da loro generata fino al prossimo opus studio, bensì è già in programma un primo show di debutto che si terrà il 27 febbraio 2019 a Gateshead (UK), supportando i leggendari Kurokuma ed i Blind Monarch, il che fa ben sperare in ulteriori date. Traccia preferita: “Take the Dead”.
(Sludgelord Records, 2018)
1. Toad King
2. Take the Dead
3. Time to Ride