È un caso discografico più unico che raro quello del power trio di Portland Lumbar, così come l’organico della band che nondimeno condivide con il loro primo ed ultimo opus The First and Last Days of Unwelcome un carattere altrettanto singolare, figurando in un una line-up a tre membri consistente in Aaron Edge (Bible Black Tyrant, Iamthethorn, Ramprasad), mastermind della band che ha composto ed eseguito i brani, nonché steso le lyrics e che ha coinvolto le voci di Mike Scheidt (YOB) e Tad Doyle (Brothers of Sonic Cloth, TAD) nel progetto, mettendo in piedi un tempio del Doom Metal che coinvolge tre veterani di rinomato spessore i quali negli anni hanno indiscutibilmente collezionato innumerevoli meriti artistici.
L’opus scaturito da questa unione risulta in una comunione d’intenti che guarda dritta nell’abisso vissuto da Aaron, che viene descritto in The First and Last Days of Unwelcome, nonché magistralmente interpretato dai due cantanti che in questa sede raggiungono degli apici di espressione vocale di grande rilevanza, alternando con maestria tecniche vocali che non conoscono momenti di crisi, tra canto clean e melodico, distorsioni vocali tratte dal migliore Sludge Metal ed effetti peculiari di voce declamata, sussurrata o che si svolge in funzione di riverberi e sound FX creando layer tessiturali.
Il pathos monumentale del disco è certamente esaltato dalla maestria dei musicisti coinvolti, ma l’input è di matrice assolutamente concreta, segnando dolorosamente la storia di questa release in maniera fortissima e determinante, difatti, subito dopo la stesura dei brani e delle lyrics, ad Aaron viene diagnosticata la sclerosi multipla, malattia che ha tenuto il musicista di Portland in scacco per un periodo di tempo non trascurabile e che, al momento della re-release di The First and Last Days of Unwelcome ha dichiarato:
“Sono passati già cinque anni da quando ho scritto e registrato il materiale per Lumbar, e questo tempo è passato velocemente. Sono anche passati sei anni da quando mi hanno diagnosticato la sclerosi multipla ma da questo punto di vista il tempo è passato molto più lentamente. Il dolore non è cessato, nondimeno la frustrazione e di certo non la paura. Ma ci sono delle cose positive su cui concentrarsi: le medicine adesso stanno attenuando i problemi a livello nervoso, riesco a suonare regolarmente di nuovo e due label condividono il mio entusiasmo nella re-release di The First and Last Days of Unwelcome […]”.
Le etichette in questione che si sono occupate della re-release l’11 Gennaio 2019 sono Anima Recording che ha prodotto delle cassette in edizione limitata e numerata a mano ed Argonauta Records che ha seguito la stessa formula ma con dei vinili 12”.
Originariamente l’album fu rilasciato da Southern Lord Records l’11 Dicembre 2013 e se sei anni fa voleva esprimere l’urgenza di un espressione tanto potente quanto sull’orlo del baratro, oggi vuole essere un promemoria ed un monito perenne di quanto la potenza creativa di questi artisti abbia dato vita ad un opera straordinaria che si è voluta opporre alla malattia ed a qualsiasi circostanza avversa paratagli di fronte.
Il cammino proposto dall’atto unico dei Lumbar è viscerale, concettuale al punto da dover leggere tra le righe ed anche per questo di assoluto interesse dal primo all’ultimo istante. Un’opera di sublime fascino dal carattere aspro e severo che da un lato vuole essere ascoltato e manifesta la sua intenzione scorrendo dalla prima all’ultima delle sette tracce in un istante, dall’altro però non si prefigura come un ascolto “casual” né per il fruitore navigato né tantomeno per chi approccia il genere di rado, rientrando nella categoria di quei dischi per cui è bene entrare in un certo setting mentale per poter godere appieno dell’opera proposta dal power trio di Portland.
Il nucleo di quest’album è colmo di significato, intenso al punto quasi da essere palpabile ed ogni intenzione è scaraventata all’ascoltatore come un atroce confidenza che non può più essere tenuta dentro, caratterizzata dalla forte espressione che contraddistingue le migliori produzioni musicali del panorama Sludge Doom Metal e non solo.
La scelta di suddividere i sette brani dell’album in sette giornate esalta ancor di più il suo carattere solenne, rivelando un parallelismo metaforico quasi operistico, che suggerisce un percorso cronologico dei brani, qualificando The First and Last Days of Unwelcome come un sublime esempio di concept album.
Viene esposto fin dai primi momenti del disco, dopo un intro di respiro cinematico, il carattere che lo contraddistingue: intenso, pieno di significato e concettuale, facendo vivere metaforicamente quest’opera in un momento che lascia un marchio a fuoco dentro l’ascoltatore, esattamente come le migliori manifestazioni concrete della musica sanno fare. I motivi sono da imputare anche al comparto tecnico ed alla scelta dei suoni, imponenti, forniti dalle chitarre ed un basso down tuned e distorti all’estremo, avvalendosi di un fuzz organico, espressivo e di irrefrenabile potenza, appoggiati sulla base ritmica di una batteria che va dritta la punto, impietosa e pertinente in tutti i contesti proposti nel disco. Il down tempo che prevale per quasi tutto l’album è valorizzato da una produzione esemplare, rendendo le caratteristiche soniche qui esposte i pennelli ed i colori che dipingono l’affresco composto dai brani, in cui il song writing essenziale e minimalista candida a pieno titolo The First and Last Days of Unwelcome come un opera d’arte moderna imprescindibile per qualsiasi appassionato del genere e non.
Una palette sonora è esibita con accuratezza nello svolgersi del cammino dei sette giorni di The First and Last Days of Unwelcome, rendendo gli atti dell’album collegati da un unico flusso di coscienza in cui gli eventi vengono narrati in maniera appassionante, tenendo sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore e proprio per questo motivo, alla fine del settimo brano la sensazione è quella della sincope, del respiro trattenuto cadendo nel vuoto, dato dal desiderio di voler ascoltare e sapere di più, nondimeno l’album espleta con maestria le sue capacità espressive durante la sua esecuzione in cui la ricchezza di contenuti è un dato di assoluta certezza.
Una nota di merito, tra le tante che si potrebbero attribuire a quest’opera, va al riff writing che con la sua solerzia ed intensità minimale portano l’ascolto ad un livello viscerale ed intimo fin da subito, volendo rendere partecipe il fruitore di quanto quest’album ha da raccontare.
Il tempo di esecuzione di The First and Last Days of Unwelcome è di 24:48 che lo colloca più nel territorio dell’EP più che del full-length, in cui brani che esibiscono più minutaggio si attestano intorno ai cinque minuti, nondimeno quest’opera presenta le caratteristiche di uno Sludge Doom Metal da manuale, ispirato ed all’apice dell’espressione artistica, uscendo ancora una volta dai termini canonici (in questo caso relativi all’abbondante minutaggio) caratteristici del genere.
The First and Last Days of Unwelcome, debutto ed ultima opera dei Lumbar, data la sua collocazione cronologica è più opportunamente etichettatile come prodotto che ha ispirato le release successive del suo segmento, seppure lo stile presentato in questo disco è accostabile, in parallelo, a quello dei primi YOB e Bell Witch. Sicuramente il panorama Sludge Doom Metal successivo ne ha accolto l’eredità, facendo risultare The First and Last Days of Unwelcome, per via diretta o traversa, un ascolto vicino a chi apprezza ed ha apprezzato band come Cough, Thou, Chrch e Pallbearer per citare alcuni esempi, e che allo stesso tempo risiede, a se stante, nella nicchia delle migliori istanze del proprio genere, esulando da qualsivoglia tipo di catalogazione convenzionale.
Traccia preferita: Day Four
(Anima Recordings, Argonauta Records 2019)
1. Day One
2. Day Two
3. Day Three
4. Day Four
5. Day Five
6. Day Six
7. Day Seven