Piol….poli…pli…pl…pliol…POIL. Ecco in sei parole, creando un’analogia tra il loro nome e le strutture dei loro brani, ho cercato di rappresentare al meglio l’incastro mentale che ho provato ad un primo ascolto. Sus è il loro quarto lavoro e si propone cinque virtuose tracce dai toni speed-prog spalmate su venti minuti di ascolto che lascerebbero qualsiasi persona meditare sulla propria preparazione mentale e psicologica. Come capita spesso, determinati lampi ed esplosioni provengono sempre dalla stessa direzione, come una tempesta che avanza, che in questo caso si chiama Dur et Doux. Questa label, oltre a rilasciare produzioni davvero interessanti, fa anche da forza miscelatrice tra le band che ne fanno parte. Ricordiamo infatti che Poil e Ni hanno creato un incontro esplosivo fatto letteralmente dalla fusione delle due band.
Il disco si apre con una traccia di dodici minuti che, oltre a rappresentare il 40% dell’album in termini temporali, appare come un manifesto chiaro ed esplicito di quello che sarà nei prossimi minuti ad avvenire. È abbastanza evidente e poco celato che il virtuosismo la fa da padrone. Sono infatti consueti i palleggi che i tre si fanno nelle parti strumentali, in primo piano su tutti la tastiera. Essa si trova infatti spesso ad essere sopra gli altri, sia in termini di posizione rispetto al brano, sia in termini quantitativi. Tutto rimane comunque distinguibile e nitido, ma essenzialmente poco dinamico, in quanto le pause o semplicemente i momenti più distesi non esistono e non sono contemplati. Impossibile non essere colpiti dall’utilizzo che i Poil fanno della voce, come nei dischi precedenti intesa come uno strumento musicale, ma questa volta forse hanno osato davvero molto. Trattasi infatti di poesia occitana e provenzale presa da Max Rouquette e Theodore Aubanel. No non è uno scherzo, difficile da definire ed ancora di più da ascoltare. Per chi non volesse farsene una ragione, un’intera traccia è stata dedicata a vocalizzi in occitano, da utilizzare come camera iperbarica di preparazione alle tracce seguenti.
Pensavo di trovarmi davanti ad un gruppo orientato vero il math/prog, ma dopo questo disco mi sono dovuto ricredere e rendermi conto che, alla peggio, l’ordine delle definizioni sarebbe da invertire. Registrato all’Art Scene Studio, Adrian Bourget ha catturato l’integrità della cattiveria e la complessità del loro suono. Trovo che il vero problema di questo lavoro sia la ripetitività nelle esecuzioni dei brani ed il voler per forza utilizzare sempre i vocalizzi in occitano, che per quanti originale sia la scelta, lasciano in po’ il tempo che trovano.
(Dur et Doux, 2019)
1. Sus la peìra
2. Lo potz
3. Luses Fadas
4. Grèu Martire
5. Chin Fòu