La The Artisan Era è un’etichetta che, concentrandosi principalmente sulla scena americana, ha sempre supportato realtà interessanti, dedicando gran parte delle proprie attenzioni a un genere ben preciso, il death metal più virtuoso ed articolato dal punto di vista tecnico. I Singularity – che con Place of Chains giungono al loro secondo album – deviano leggermente dagli itinerari tipici della label, andando a inserire delle influenze black metal alla proposta. Quest’aggiunta potrebbe non risultare molto attraente, dal momento che tale amalgama è sempre stato scevro da attenzioni particolari sul bagaglio tecnico dei compositori, ma il quartetto riesce a unire curiosamente i due estremi, senza strafare.
Si può percepire immediatamente il mood progressive death che regna comunque incontrastato nella produzione, chiarendo così come la base non sia trascendentalmente rivoluzionaria, tranquillizzando in questo modo i più affezionati al genere. Dopo il crescendo introduttivo di “Bellum”, la diretta “Victory or Death” ci presenta i musicisti in modo chiaro e preciso. Le influenze più vicine al black sono ricercate e difficilmente risaltano. Queste ultime si possono però chiaramente cogliere nelle sezioni più sinfoniche e orchestrali, richiamando eccezionalmente la rabbia tipica del genere e integrandosi bene nel complesso. Se tuttavia si lascia momentaneamente in disparte l’approccio dei Nostri, che è sicuramente promettente, si percepisce ancora una lieve mancanza. Gli americani stanno intraprendendo un percorso di crescita che potrebbe portarli ad alti livelli, ma risaltano ancora delle insicurezze, rilevabili in qualche passaggio più acerbi, come avviene in “Desmoterion”. Tale brano, difatti, mostra un songwriting poco maturo. Per quanto la ricerca di una velata innovazione da parte della formazione sia intrigante, tali novità dovranno essere ulteriormente elaborate per poter risultare pienamente apprezzabili. Nonostante ciò il lavoro mostra caratteristiche meritevoli, e non è certamente da scartare solo per dei passaggi ancora poco convincenti: semplicemente non ha le carte in regola per far effettuare alla formazione il salto di qualità.
Dopo il loro intrigante debutto, i Singularity sono quindi riusciti a pubblicare un degno successore, mancando però all’appuntamento con il salto di qualità che ci si poteva aspettare da loro. “Place of Chains” è un disco assortito e ben scritto, in grado di mostrare una proposta che, con le giuste migliorie e con l’effetto dell’esperienza, potrebbe regalare alla formazione di Tempe risultati degni di nota.
(The Artisan Era, 2019)
1. Bellum
2. Victory or Death
3. Sisyphean Cycle
4. Ritual of Regret
5. Consume and Assume
6. Demosterion
7. Serpents, Eternal
8. Dead Receptors
9. As Dark as This Nefarious Night