Forti di un concept che ha già superato il banco di prova nel 2018, gli inglesi Goblinsmoker hanno licenziato A Throne in Haze, a World Ablaze, secondo capitolo della trilogia del “Toad King”. Quest’ultimo è il tiranno immaginario che sta alla base della mitologia dalla quale la band trae la propria personalissima estetica, sulla quale ha imbastito uno storytelling che ha avuto quindi la sua seconda iterazione, rilasciata da Sludgelord Records in formato tape cassette e digitale. Giustificando ancora una volta l’autoproclamato titolo nobiliare, la suddetta label, nel corso degli anni, continua a collezionare esempi di sludge metal e doom metal impeccabili, nonché tra i più significativi del panorama.
La discografia della band di Durham suggerisce l’intenzione di voler sviluppare il proprio catalogo in episodi, (relativamente) brevi ma incisivi, che finora esistono nella forma di EP da tre brani che non sforano la mezzora di playing. Quindi il catalogo studio della band vuole essere una trilogia, scelta che richiama ancora una volta un carattere quasi filmico, pertinente alle tematiche mitologiche/fantasy proposte. Ciononostante tale trilogia potrebbe, magari, chiudersi con un terzo maxi capitolo full length, che sarebbe tanto adeguato quanto atteso dopo due EP ed un live album. Tale speculazione vede la sua ragion d’essere nella crescita, progressiva ed apparentemente inesorabile della band. Quest’utima nasce come one-man band dalla fantasia di Adam Kennedy, tuttora mastermind dei Goblinsmoker, che nel primo EP Toad King (2018) esibisce delle qualità da polistrumentista suonando chitarra, basso e realizzando le vocals. A Throne in Haze, a World Ablaze vede configurata una effettiva line-up a tre membri, in cui Adam ricopre il ruolo di chitarrista e vocalist e, probabilmente anche per questa ragione, questo nuovo opus esibisce un salto di qualità notevole lasciando concentrare Adam principalmente sulla stesura, o comunque sull’esecuzione, “solamente” di chitarra e voce. È un triplice progresso quello esibito in quest’ultima testimonianza della formazione sludge/doom metal di Durham, dimostrando dunque in secondo luogo un songwriting più disinibito rispetto al prodotto precedente, sottolineato da un riffing ancora più trascinato ed allucinante, che esalta le buone peculiarità già riscontrate precedentemente e che in questa iterazione concorre a formare un prodotto complessivamente più maturo. Le intenzioni rimangono comunque marcate da un oscurità fitta, dove va perdendosi la ragione in una nube psichedelica, connubio che attinge a piene mani, ma con originalità, dall’opera degli Electric Wizard (ed atti ad essi direttamente ispirati), rielaborandola brillantemente e non scadendo in quello che, oggigiorno, altrimenti sarebbe stato un banale copia-incolla. Questo vizio formale che, seppure sia ancora presente nel panorama stoner/doom/sludge comunque, col tempo, sembra vada scemando. In tal senso anche una band come i Goblinsmoker, che (intenzionalmente) non aggiunge nulla di nuovo o d’avanguardia al genere, tramite una rielaborazione personale risulta brillante, proponendo degli stilemi classici ma estremizzati, e comunque svincolati dal senso più stretto di sottogenere musicale. Ciò esita in un espressione che attualmente ha indubbiamente ragione d’esistere, specialmente in virtù di una graditissima fruizione da parte degli ascoltatori veterani del genere, che non tarderanno a sentire in A Throne in Haze, a World Ablaze gli stilemi che hanno già apprezzato in passato, qui dunque riportati a nuovo lustro. Il terzo ed ultimo (ma non per importanza) significativo improvement della band sussiste nell’aver migliorato ulteriormente la qualità della produzione e dei suoni alla base di essa. Tali elementi si configuravano di ottima qualità già dall’EP di esordio, ma in questa istanza ribadiscono un attenzione ancora maggiore riguardo l’aspetto sonico del disco. Quest’ultimo, coerentemente rispetto a quanto esposto, non può prescindere da un “amplifier-fuzz worship” tipico del genere (forse così tipico da essere bistrattato oggi, ma tale leitmotiv continua a piacere -e piacerci-). Ciò fa presupporre abbastanza facilmente una mole sonora importante spinta dal palco, elemento che aggiunge sicuramente un ulteriore layer di spettacolarità allo show proposto in ambito live.
L’idea della trilogia ad episodi del “Toad King” è tanto interessante quanto furba. Essa giustifica parzialmente l’assenza ad oggi nella discografia della band di un full length, che sarebbe assolutamente pertinente a questo punto di maturità della suddetta. Tale tesi è avvalorata da A Throne in Haze, a World Ablaze, facendo dunque supporre che il trio di Durham fin da adesso sia capace di realizzare una release con un numero maggiore di contenuti e con più minuti di musica. Questa buona maturità potrebbe quindi verosimilmente aumentare per poi sfociare, magari presto, in un prodotto più cospicuo. Nel frattempo quest’ultimo opus dei Goblinsmoker è la prova tangibile di una band in ascesa costante, che marca sempre di più la sua identità con un riffing originale, unito a ritmi nefasti che afferrano i malcapitati dalle caviglie e li trascinano dentro una palude di liquami tossici.L’equazione comprende anche apprezzabili sezioni incalzanti di (moderati ma efficaci) blast beat alla sludge maniera, su cui si stagliano ottime scream vocals perseguitanti e spiritate. Questi elementi rendono la (per forza di cose breve) discografia della band inglese godibile e di grande qualità, a tal punto da dare un senso all’attesa di un successivo full length sul quale, inevitabilmente, convergono grandi speranze.
(Sludgelord Records, 2020)
1. Smoked In Darkness
2. Let Them Rot
3. The Forest Mourns