Giunto alla quarta release di un discografia equamente suddivisa tra EP e full length, il trio napoletano Naga pubblica il nuovo album Void Cult Rising, uscito il 15 Novembre 2019 per la giovane Spikerot Records, facendo aggiudicare al roster di quest’ultima un (altro) nome di assoluto prestigio del panorama estremo italiano. La musica dei Nostri si tinge di una palette espressiva rinnovata, ma non meno oscura, acquisendo stilemi finora inediti ma non voltando le spalle alle migliori caratteristiche che hanno contraddistinto finora l’operato della band, anzi, dando lustro alle suddette peculiarità ed inserendole in modo pertinente nel contesto.
Caratteristica che contraddistingue le migliori band, e le più interessanti menti creative, quella dell’apertura a nuovi stili ed a rinnovate proposte, e che fa approdare Void Cult Rising nelle lande distopiche del post-metal di stampo europeo, la cui matrice rimanda ai migliori (nonché maggiori) esponenti del genere quali Amenra, Cranial e Cult of Luna, comunque non discostandosi dal discorso prettamente black/doom metal del maestoso precedente EP Inanimate (2018), che rimane un importante highlight della band. Tale discorso viene, in quest’ultimo opus, sviluppato ed arricchito di elementi che fino al precedente lavoro studio sarebbero apparsi improbabili, ma che, data l’autentica ragion d’essere di questo passo in avanti compiuto della band, qui vengono esposti adeguatamente e con originalità. Gli ascoltatori più navigati sapranno riconoscere dove reindirizzano gli stilemi coinvolti anche dal lato doom (a tratti, sludge), in cui viene ripresa la lezione impartita da punte di diamante del genere quali Unearthly Trance, Cough e Indian. Parlare comunque di catalogazione in generi e sottogeneri ed assonanze con questa o l’altra band, in Void Cult Rising, dunque lascia quanto mai il tempo che trova, essendo questa una release fedele principalmente a se stessa e semmai ai Naga dei precedenti lavori, confermando una notevole maturità artistica della band ed una rinnovata motivazione. Se da un lato quindi abbiamo un disco meno selvaggio e primordiale rispetto al passato, dall’altro troviamo una (di gran lunga) maggiore escursione dinamica nella struttura dei brani. Ce ne accorgiamo già dall’opener “Only a God Can’t Save Us”, che fa uso di evocative parti clean e melodiche, seguite (o precedute) da sezioni in cui l’intensità dinamica poi diviene altissima, facendolo oltretutto con naturalezza e mai risultando fuori luogo, costruendo un’invenzione compositiva ampia che sconfina in molteplici panorami musicali, accomunati tutti comunque da un alone di disperazione e da un minaccioso cielo plumbeo che ora si abbandona in una dirompente tempesta di fulmini, ora sgorga in una pioggia fittissima ed incessante. Nel secondo atto “Melete” si dischiude con assoluta chiarezza il leitmotiv dell’album, ovvero la fedeltà al precedente operato della band, da cui per altro si evince uno spleen complessivo notevole, che tocca songwriting, riff e vocals. Allo stesso tempo viene esibita una natura polivalente grazie a sezioni furiose di blast beat (sempre alla black/doom maniera) nonché meditabondi segmenti ambientali, accomunando comunque ogni stilema qui esposto da un livello espressivo indiscutibilmente alto. Il merito di un riffwriting sempre intenso e comunicativo, nonché per delle scream vocals nichiliste e strazianti va al cantante chitarrista Lorenzo De Stefano, che esibisce un’energia indomita ed una brillante inventiva che porta tale prestazione ai massimi livelli esibiti finora. L’album procede dunque ineluttabile e non conosce momenti in cui la qualità complessiva non sia altissima, mantenendo per altro alta anche la soglia d’attenzione dell’ascoltatore, comunque permettendo ad esso di piombare nella tipica trance allucinata conferita dalle dilatate sezioni doom metal, nonché consente di perdersi nelle alienanti sezioni post-metal, la cui cantilena ossessiva si insinuerà facilmente nella mente del fruitore. La sezione ritmica è altrettanto d’eccezione, in cui le linee di basso di Emanuele Schember sono dei pilastri marmorei che sorreggono le melodie sinistre e perseguitanti della chitarra, riempiendo lo spazio sonico con la giustapposizione ora di minimali quanto efficaci riff doom, ora con fraseggi altamente espressivi, pur non divagando e restando sempre concentrato sul proprio registro e ruolo fondamentale. Altrettanto notevoli sono i pattern di batteria di Dario Graziano, dai selvaggi blast beat, ai trascinanti mid-tempo, fino ad arrivare a gli abissi doom, originali ma giustamente minimali, facendo evincere anche in questo caso quanto questa solidissima line-up sia ad oggi sia consolidata più che mai ed unita da un alchimia sapientemente perfezionata nel tempo. Il comparto tecnico, sviluppato tra il Sulfur City Studio di Napoli, a cura di Alessandro Pascolo, ed il mastering effettuato da James Plotkin, risulta impeccabile e presenta oltretutto una scelta dei suoni molto curata, evidentemente frutto di una attenta ricerca, complice anche una collaborazione reiterata con il sopracitato studio.
La chiusura dell’album è affidata ad una title-track maestosa, che segna un vertiginoso solco di 14:03 minuti da far mancare il terreno sotto ai piedi all’ascoltatore. Un ultimo raptus di annichilazione sonica e poliedrica oscurità, come se la band avesse ancora così tanto da esprimere e così tante energie per poterlo fare da aver incanalato in questo brano un’ultima manifestazione dell’estasi di creazione, trasmutazione e distruzione che caratterizza Void Cult Rising. Gli echi alla precedente produzione, anche qui, sono fortissimi, ricordandoci che nel laboratorio alchemico del trio napoletano sono tuttora presenti gli alambicchi da cui si cristallizza il vetriolo a cui ci hanno abituati, il quale, in un disperato atto di vendetta e somma giustizia viene gettato in faccia alla morale di una vita miserabile, sfigurandola e lasciando posto solo all’estasi folle proposta dai Naga nei 44:58 minuti di playing di un full length memorabile.
(Spikerot Records, 2019)
1. Only a God Can’t Save Us
2. Melete
3. Bedim the Sun
4. Thanatou
5. Pyre
6. Void Cult Rising