L’inquietudine di un contagio le cui caratteristiche sono in gran parte ignote, i centinaia di articoli in continua pubblicazione sulle testate giornalistiche che, salvo eccezioni, non fanno nient’altro che aumentare il nervosismo e la difficoltà nel gestire un periodo in quarantena. Tre temi che sono attuali come non mai, ed è proprio alla situazione di emergenza che stiamo vivendo tutti che si ispira The Pale Horseman, EP che contiene un’unica, monolitica, canzone. D’altronde, mentre si vive un isolamento forzato è fondamentale tenere la mente occupata, evitare di languire nella nullafacenza, e quale miglior evasione dalle difficoltà, per un musicista, se non comporre nuovi brani o completare idee incompiute?
Nasce così questo nuovo capitolo della carriera di Omination, progetto solista del tunisino Fedor Kovalevsky. Questa one-man band è apparsa nei radar per la prima volta nel 2018, pubblicando una demo e un album, Followers of the Apocalypse, che con la sua ora e mezza di durata ci offre un ascolto intrigante e di livello costante, un debutto degno di nota.
Questo nuovo lavoro riprende direttamente da dove era terminato l’appena citato disco, continuando sulla sua stessa strada. Il funeral doom del polistrumentista risalta immediatamente per la rilevanza dell’organo nel contesto, componente che già altre volte si è messa in mostra in progetti del genere, basta pensare agli Skepticism, e anche in questo caso alimenta l’atmosfera tetra che regna imperterrita durante l’ascolto. Questo scenario oscuro avvolge in un vortice in cui regnano ansia e inquietudine, frutto dell’angoscia legata a una minaccia inaspettata che nel giro di poco tempo ci ha lasciati impotenti dinanzi al potere della natura. Queste sensazioni traspaiono durante l’intero ascolto, che assume dei toni più cupi rispetto al precedente album.
Nei 26 minuti e mezzo di durata, The Pale Horseman riesce agevolmente a mettere in mostra i lati caratteristici della proposta, che non si limita alla base malinconica e decadente tipica del funeral doom, ma comprende anche settori più vigorosi in cui spiccano degli accenni al death. Un esempio si trova poco dopo la metà, con i minuti più aggressivi dell’ascolto che ci colpiscono a testa bassa, senza entrare in contrasto con gli attimi più pacati presenti prima e dopo.
Le impressioni positive del debutto rimangono immutate, e questo EP si potrebbe proprio descrivere come una sua versione ridotta, leggermente più cupa e altrettanto efficace. Non sarà il lavoro che svolterà la carriera del progetto tunisino, ma nemmeno un contentino dato ai fan che viene scordato dopo il primo ascolto. Un’onesta via di mezzo che fa al caso degli ascoltatori del genere.
(Hypnotic Dirge Records, 2020)
1. The Pale Horseman