È all’insegna di una tanto curiosa quanto ben riuscita commistione tra doom metal ed heavy psychedelic che Destrudo, terzo full length degli svizzeri Echolot, confeziona tre tracce di grande maturità e spessore musicale, specialmente considerando un’espressione personale che vuole evidentemente distaccarsi dai cliché del genere, senza neanche probabilmente pensarci troppo, data l’autenticità di un prodotto che pare essere presentato con vera esigenza artistica. Questo terzo lavoro della band elvetica è stato pubblicato il 2 ottobre tramite la rinnovata collaborazione con Czar of Crickets Productions nei formati CD/digital e vinile 12”.
La direzione del trio elvetico è cambiata (quasi in contropiede) con quanto esposto in Destrudo. I due unici precedenti capitoli discografici I (autoproduzione, 2016) e Volva (Czar of Crickets Productions, 2017) difatti costituiscono due full length che ricalcano un estetica stoner rock/heavy psych ben strutturata, ma che non non aggiunge nulla di originale o di davvero necessario al genere. Con la terza uscita discografica però gli Echolot non voltano le spalle a quanto già precedentemente esposto, ma bensì l’espressione heavy psych viene mantenuta come retrogusto nel mood che circonda Destrudo, seppure non costituendone la trave portante, il cui ruolo viene affidato ad un doom metal (che strizza l’occhio persino al funeral doom più melodico) efficace ed ispirato, sicuramente molto più maturo e caratterizzato da molta più cognizione di causa rispetto ai prodotti precedenti. Basti pensare che la prima traccia “Frozen Dead Star” riecheggia di suggestioni accostabili ai Bell Witch (specialmente del colossale Mirror Reaper) sia per stampo compositivo della sezione strumentale, sia per le linee vocali duali, che si costituiscono di un ben bilanciato equilibrio tra distorsioni vocali (su registri sia alti che bassi) e clean vocals che esibiscono movimenti adeguatamente articolati e di grande espressività. Già nella seconda traccia “Orbital” viene confermata l’alchimia tra doom e psichedelia, lasciando grande spazio ad una sezione strumentale heavy psych che fa valere l’attesa di tre anni dalla precedente release, poiché, nonostante tale modalità espressiva sia ripresa dal passato della band, questa non vuole essere lo strascico di un tempo dimenticato, piuttosto prende quanto già esposto precedentemente e lo plasma con maestria, non solo dimostrando di avere fatto diversi passi in avanti, ma perfino lo tesse ad hoc per completare la sinergia con l’inedito (per la band) doom esposto in Destrudo, che nemmeno esita ad attingere da leviatani del genere quali Evoken ed Esoteric nelle dilatazioni e nell’interazione tra strumenti e voce, ma anche da Assumption nella nebbiosa rarefazione che di tanto in tanto viene presentata nel corso del disco, come, ad esempio, durante la prima metà della traccia di chiusura “Wind Up North”, una suite doom/psychedelic metal in piena regola, che si sviluppa in 19:33 minuti attraverso i quali l’ascoltatore è sottoposto all’ipnosi tipica del genere, fatta di solenni inviluppi, nonché da una forma compositiva accostabile allo storytelling che gli Echolot costruiscono con meticolosa attenzione, riuscendo (al primo tentativo) a tenere sempre alta la soglia d’attenzione durante l’ascolto, conseguendo quindi un traguardo che non tutte tra le giovani istanze del genere riescono ad ottenere, specialmente al primo giro di boa. È un atto di indubbia autenticità dunque la commistione con gli stilemi psichedelici, che indirizzano particolarmente alla scena tedesca dei Sungrazer o dei Samsara Blues Experiment, che rende così Destrudo un opus davvero singolare, che stando a cavallo tra due mondi, riesce a trarre il meglio da entrambi, senza mai trascurare un aspetto in favore dell’altro. Gli intenti della band sono oltretutto magnificati da una produzione ben ingegnerizzata, pulita e professionale, che rende intellegibile e valorizzato ogni elemento, e che riesce ad accogliere non solo i tre strumenti e le vocals, ma anche i synth/sound FX/keys esposti in svariati momenti del disco, come, uno fra tutti, l’alienante ed etereo outro di “Wind Up North”, costituito da una lunga sezione di arpeggiator.
Nel suo equilibrio tra stilemi già ben noti alla band elvetica, qui sublimati da un’inedita maturità, e delle suggestioni Doom Metal inaspettate, Destrudo è l’album più autentico dei Echolot, che potrebbero avere così trovato una forma ben definita, che potrebbe essere il loro cavallo di battaglia anche nelle successive release. Nonostante i nuovi lidi verso i quali il trio approda con questo terzo full length si evince un’ispirazione originale ed una rinnovata pulsione artistica, sotto ogni punto di vista. I tre anni di gap con la precedente release devono essere stati cruciali per rivoluzionare una band che ha saputo rinnovarsi partendo da una base non proprio solida, compiendo quindi un cambio di rotta che tiene comunque fede a quanto precedentemente esposto, ma che adesso varca la linea di demarcazione tra due mondi solo apparentemente lontani, che il trio elvetico a saputo far collimare adeguatamente. Tali passi in avanti risultano quindi fondamentali, in quanto non fosse stati compiuti, probabilmente oggi la band non avrebbe reso giustizia ad una potenzialità che invece in Destrudo viene esplicata con maturità e brillante autenticità.
(Czar of Crickets, 2020)
1. Frozen Dead Star
2. Orbital
3. Wind Up North