Una deflagrazione di rabbia e disperazione che ti arrivano addosso come un’onda di magma nero senza lasciare scampo. Empty Body degli Spook The Horses riesce a mantenere il ritmo delle manate a piena forza dritte in faccia per otto tracce di pura violenza, senza perdere mai energia, senza dare un solo secondo di respiro. Un disco audace, autentico e puro; una valvola di sfogo che regala quella sensazione inebriante di poter prendere una mazza da baseball e distruggere tutto ciò che ti circonda nel raggio di chilometri. Proprio per questa ragione, il momento in cui è venuto alla luce assume un’energia e una godibilità ancora maggiori; la pandemia ci sta togliendo tutto e dischi così neri di rabbia sono una ventata di ossigeno necessari per riuscire a portare a termine alcune giornate senza finire a prendere a testate il muro.
L’ascolto va rigorosamente condiviso con il vicinato, meglio se con l’intero quartiere, facendo soffrire fino al limite l’impianto stereo, lasciando che i coni degli altoparlanti possano vibrare fino allo stremo in modo da entrare in risonanza con le nostre anime esauste con quella scarica adrenalinica frutto di un rigurgito primordiale disperato e rabbioso. Insomma, prendete la macchina al tramonto e perdetevi in un lungo girovagare senza meta mentre il nero fluire degli Spook The Horses vi penetra sin dentro le viscere, lasciate che la vostra carne possa iniziare ad emettere grida strazianti all’unisono con l’autoradio e che le linee di basso scuotano le vostre ossa come un terremoto, tenete i finestrini abbassati, disprezzando l’aria che colpisce il vostro viso e gustate un’amara sigaretta dopo l’altra; ad un certo punto avverrà la catarsi e tutto sarà lontano, tutto sarà piccolo ed insignificante. Vi sentirete svuotati e leggeri.
Il 2020 segna per il sestetto neozelandese l’anno del rilascio del loro terzo full length; otto tracce di pura violenza. L’aggressione sonora non lascia scampo, se non per brevissimi momenti di sospensione, portando l’ascoltatore in un mare tempestoso e inospitale nel quale l’annegamento diventa l’unico desiderio ardente; ogni onda è un muro di suono che ci travolge e ci trasporta lontano, facendoci perdere ogni riferimento con la bussola. La sublimazione della sofferenza diventa punto cardine di un linguaggio che coniuga una chirurgica capacità nella composizione e negli arrangiamenti ad un’esecuzione triviale. I suoni che ne emergono sono a dir poco enormi; la parte strumentale del gruppo riesce a creare una amalgama sonora perfetta dove nessuno è protagonista, ma tutti cooperano con equilibrio. Grande protagonista di questa epopea nichilista è la voce: un connubio di rancore disperato e rabbia repressa che ondeggia come un mantra distruttivo attorno ad un suono cardine, degna erede dei Cult of Luna.
(Pelagic Records, 2020)
1. Self Destroyer
2. Cell Death
3. Counting Days On Bone
4. Apology Rot
5. Writhing
6. Gestalt
7. The Maw
8. Watermark
9. Inheritance