Gli ultimi diciotto mesi sono stati un autentico calvario, e la situazione ha messo molte band, storiche e non, sull’orlo del baratro.
Il mondo contemporaneo al Covid è sicuramente ricco di compromessi, di rinunce e di dilemmi etici, l’adattamento alla musica live surrogata sotto forma di streaming è sicuramente una situazione che spunta tutte le voci appena elencate, ma se c’è una morale a questo incubo, è sicuramente la linea che separa le band che hanno voglia di mettersi in gioco da quelle che sono ferme su se stesse, in attesa. In attesa di non si sa cosa, ad essere brutalmente cinici.
Quello che più mi ha colpito dell’evento promosso dagli Obituary è l’adattamento, la voglia di progredire nonostante l’età avanzata del progetto e l’energia con cui questi veterani hanno dato fondo alle proprie risorse e capacità per mettere in atto un vero e proprio tributo ai loro fan, spartano e diretto, spoglio di qualsaisi effetto speciale; una badilata di death metal nei denti, il ritratto di ciò che solamente gli Obituary possono rappresentare. Le due setlist presentate nei due eventi sono abbastanza semplici nella forma, ben realizzate a livello di produzione audio e video e si compongono nel seguente modo.
Il primo stream è una scaletta dei pezzi preferiti della band, contornata dai Power Trip come ospiti per qualche birra, una suonata e una foto ricordo, tanta allegria generale e un tocco di demenzialità che ha reso il tempo passato davanti lo schermo un toccasana per i pensieri che ammorbano la quotidianità, tanto sano death metal suonato con il giusto equilibrio di cattiveria e marciume, in puro stile Obituary. Una scaletta pressoché da sogno che accompagna quella che è fondamentalmente una festa, e ci sta, non impeccabile ma sicuramente coinvolgente.
Il secondo invece propone The End Complete suonato nella sua interezza, sebbene il set sia lo stesso scantinato accogliente, semplice e pittoresco del precedente live stream, il clima e la dedizione dei Nostri è diversa, testa bassa e macinare come macchine. Il disco parla veramente da se, Peres, Premiata ditta Tardy e F.lli e compagnia sonante sono in palla e il resoconto generale è: brividi.
C’è qualcosa nella voce di John Tardy che mi fa aggrovigliare le budella, una potenza indescrivibile, fin dalla mia adolescenza l’ho sempre associato ad una fiera che cerca di uscire dal suo corpo di uomo, e sempre come una potente fiera pronta al balzo, al primo verso emesso nel microfono, i brividi partono come fossero un riflesso del mio corpo a quello che ritengo uno dei più grandi frontman della storia del death metal.
La parola d’ordine è consistenza, sia la voce di Tardy che i suoni di Trevor Peres, così come il tiro maledetto della sezione ritmica, sono instancabili, sono una certezza che per un istante cancella la precarietà del momento storico in cui viviamo.
Specie ricordando di aver visto gli Obituary dal vivo in uno stato di grazia stellare, la nostalgia e la voglia di tornare in un pit è qualcosa di cocente, di viscerale, e ancora una volta da un volto all’astinenza che questo ultimo anno ha creato. Compromessi come questo doppio set in streaming, come i festival trasmessi in differita dalle band partecipanti, le grandi produzioni magnifiche come Korn, Lacuna Coil e Behemoth, per fare qualche nome eclatante, sono tutti mezzi per sentirci più vicini e prossimi a qualcosa che amiamo follemente e che ha un valore insostituibile nella nostra vita.
A differenza di un maledetto virus che non ha coscienza, nel nostro essere umani abbiamo dei ricordi, delle speranze, una capacità di ritrovarci dopo le tragedie, e forse in un periodo come questo, aver fatto mezzo sorriso vedendo sti cinque matti fare caciara in cantina ci fa bene; magari ci fa rivivere ricordi seppelliti sotto il peso del quotidiano, come ad esempio l’aver abbracciato John Tardy dopo un concerto in un pomeriggio di fine luglio, risultandone più bagnato della felpa strafonda che indossava.
Certo, non sarà mai come respirare terra, sputare sangue e contarsi i lividi dopo un concerto infernale, ma vedere dei musicisti liberi di fare ciò che amano di più mi ha messo comunque di buon umore.