Dietro a ogni progetto musicale c’è un’idea precisa, un messaggio che si vuole trasmettere e un’identità sonora che cerca di rimanere impressa. Talvolta si ha a che fare con artisti che ricercano a ogni costo l’innovazione, sorprendendo l’ascoltatore andando a pescare scorci di uno stile più o meno inusuali, mentre in altri casi viene alimentato un processo di revival dei grandi classici, mantenendo vivo il ricordo di scelte stilistiche che hanno fatto la storia. A metà strada tra queste due filosofie, senza cadere né nel citazionismo puro né in un tentativo di innovare a tutti i costi unendo generi diversi, i Wormwitch hanno edificato la loro proposta. La formazione canadese ha le idee chiare sin dal debutto Strike Mortal Soil (2017), che li ha presentati mostrandone subito i tratti caratteristici: un black metal molto melodico domina le canzoni, in cui non si nascondono richiami al death metal e un’indole vagamente heavy/thrash. Con intervalli biennali sono stati pubblicati prima Heaven That Dwells Within (2019), lavoro che ha fatto notare il potenziale a una fetta di pubblico ancora più ampia, e poi Wolf Hex, uscito da poco per Prosthetic Records e oggetto della recensione.
Il lupo, presente sia nel titolo che nella copertina, essenziale ma capace di rimanere ben impressa, vuole rappresentare la forza mentale, col passare degli anni sempre più solida per il gruppo, che constatata l’efficacia del proprio stile in questa sede ha cercato una proposta ancor più diretta, riducendo il minutaggio totale. Le fondamenta delle canzoni tornano indietro addirittura al più classico heavy metal, come si può sentire prevalentemente dagli assoli e dalle melodie possenti, a cui si aggiunge la malizia di un black metal inferocito. Nel complesso si legano bene anche i momenti acustici, come in “The Wolves of Ossory”, che poi si lascia andare a passaggi evocativi, o l’intermezzo “The Crimson Proof”. Guardando l’aspetto più sfacciato non si nascondono i rimandi a Dissection, Necrophobic e il black metal melodico di stampo svedese nella catena di riff proposti, che coinvolgono in un flusso di idee mai scadente. Altro elemento di Wolf Hex sono le influenze che strizzano l’occhio al thrash, ne è un esempio “Abracadabra”, uno dei tre singoli rilasciati anticipatamente, o la cover finale dell’eterna “Hit the Lights” dei Metallica. Tutti questi elementi vengono gestiti senza convogliare in un miscuglio inespressivo, ma donando una mezz’ora abbondante di ascolto coinvolgente e dinamico.
Tra trame di chitarra sempre accattivanti, ritmi cadenzati e seguenti accelerazioni e parti vocali sempre sul pezzo, Wolf Hex consolida la posizione dei Wormwitch nella scena canadese. La proposta del quartetto è genuina ed è stata capace di evolversi tramite i tre album rilasciati a oggi, arrivando a quest’ultimo capitolo in ottima forma.
(Prosthetic Records, 2021)
1. Lunar Maniac
2. Canadian Denim Mountain Attack
3. The Wolves of Ossory
4. Hammer of the Underworld
5. The Crimson Proof
6. Abracadabra
7. Leering Crystal Effigies
8. Grail
9. Teeth of the Dawn
10. Hit the Lights