La distorsione della memoria operata dalla mente umana plasma ricordi cambiandone la forma e il significato, compiendo quella che a tutti gli effetti può definirsi come una riformulazione della verità percepita. Da questo innesco si mette in moto il meccanismo all’origine della forza creativa che si manifesta in The Faded Orbit, lavoro nato dalla collaborazione tra il sound artist iraniano Siavash Amini, illustre nome nel panorama ambient, ed il producer sardo Eugenio Carìa in arte Saffronkeira, reduce non più di un anno fa dal bellissimo In Origine, composto col trombettista conterraneo Paolo Fresu. Sperimentalismo e ricerca di nuovi territori sonori costituiscono l’architrave sulla quale poggiano i brani del disco, uscito il 24 settembre scorso per Denovali Records.
Avvolte attorno a strutture armoniche dissonanti e spiazzanti, le sei composizioni drone ambient presenti in The Faded Orbit si presentano cariche di un’aura cinematografica dai richiami prettamente sci-fi. I lunghi bordoni dell’opener “A Lambent Assembly” sovrapponendosi tra di loro creano una gelida texture a premessa di un’apertura melodica che lascia subito l’ascoltatore sospeso, quasi smarrito alla deriva nello spazio siderale. A differenza di In Origine, Carìa decide qui di abbandonare completamente ogni tentativo di imporre una sezione ritmica al gioco per concentrarsi integralmente su un soundscape futuristico di carattere astratto che si fonde perfettamente con lo stile compositivo dark-ambient di Amini, capace di generare costante tensione elettrica e sospensione sonora. Ogni nota sembra disperdersi evanescente nello spazio infinito in “Kernel”, brano centrale del disco, in cui una stratificazione di onde sempre più intense ci accompagna verso un climax troncato a metà per poi terminare in una disgregazione degli elementi, conducendoci verso il crollo totale della scena creata. Il lento dinamismo col quale i frammenti sonori dell’album interagiscono tra di loro evoca immagini sovrapposte che si sgranano man mano che la nostra mente tenta di elaborarle in “Sanguineus”, a chiusura del disco, in cui strascichi di synth-pad si disperdono nell’atmosfera per poi ricrearsi, sotto nuove forme, scomposti ed impalpabili.
Possiamo definire The Faded Orbit in maniera ossimorica come un’opera di hauntology-music idealmente proiettata in un futuro indefinito, in cui il ricordo, ribaltando il suo ruolo, riesce a spogliarsi di una circoscrizione temporale incastonata nel passato per divenire percezione indefinita di un momento mai vissuto. Un tema che, seppur in maniera indiretta ed involontaria, concede di aprire una riflessione riguardo alla propensione, in certi contesti culturali, a far leva su espedienti nostalgici talvolta forzati in cui dominano ricordi distorti e mal percepiti.
(Denovali Records, 2021)
1.A Lambent Assembly
2.Concave
3.Emanation
4.Kernel
5.Forgotten Machinations
6.Sanguineus