Dopo 12 lunghi anni lontani dalle scene la band inglese Josiah torna alla ribalta con un nuovo lavoro intenso e matematico, le loro sonorità acide si incastrano a sfumature psych rock, con un’adrenalina tagliente e un’attitudine grintosa, che li rende unici e ricercati. Il loro viaggio inizia a Leicester e nel loro bagaglio registrano una raccolta emblematica di quattro dischi travolgenti che vanno dal 2002 al 2009, lasciando un simbolo pragmatico e definitivo al loro genere garage blues. In seguito a questo lungo periodo di fermo produttivo la band torna con una forma diversa e affronta tematiche oscure, immerse nel caos più totale. Il tutto viene racchiuso nel nuovo album We Lay On Cold Stone, che vede un’atmosfera anni Settanta morbida e frenetica, in pieno stile Black Sabbath, fino a toccare corde più moderne in sintonia con i primi Clutch. Il risultato che viene fuori ha un significato più personale e viaggia su ambientazioni intricate, cariche di groove energico. Il disco viene prodotto e distribuito dall’etichetta Blues Funeral Recordings.
L’apertura di “Rats (To The Bitter End)” sveglia gli effetti sonori inquietanti, come a risorgere da qualcosa di importante e con il tocco potente delle percussioni che si sposa al riff frizzante, sopra un tiro martellante. Lo stile vintage di grande qualità si proietta verso un cammino distopico e invita la seguente “Saltwater”. Un brano sensuale con il suo inizio leggero, avviando subito dopo un gioco magnetico nella voce calda e sognante. Il frontman vocalist si lascia andare alle emozioni danzanti di una festa mistica. “Let The Lambs See The Knife” invece attinge a vibrazioni ruvide e le fonde ad una psichedelia cosmica, in una cavalcata a tratti simile agli Hawkwind, la batteria diretta tuona nel modo giusto insieme al basso, per guidare la traccia in una sensazione epica. Con le distorsioni stoner di “Cut Them Free” il gruppo si fa strada in un tappeto rumoroso e ovattato, per una composizione strumentale di grande fattura. Poi ci soffermiamo alla lunga epopea e le note dissonanti di “(Realise) We Are Not Real”: un brano che esplora una vera e propria avventura, in un insieme di melodie vocali incantevoli, per un’evoluzione dinamica, una gemma attraente e preziosa, il punto più alto di questo disco. Infine la traccia di chiusura “The Bitter End” prende spunto a qualcosa di storico, con un riff che rende omaggio a Sabbath Bloody Sabbath, una chicca gustosa e orecchiabile, per concludere nel migliore dei modi quest’opera.
We Lay On Cold Stone è un disco pieno di riff emblematici, che danno il via a un grande e gradito ritorno sulle scene, le melodie accattivanti poi danno libero sfogo, a una profonda ispirazione come simbolo di rinascita.
(Blues Funeral Recordings, 2022)
1. Rats(To The Bitter End)
2. Saltwater
3. Let The Lambs See The Knife
4. Cut Them Free
5. (Realise) We Are Not Real
6. The Bitter End