L’emo spensierato e l’hardcore malsano che figurano agli estremi di questo articolo racchiudono la varietà dei titoli trattati su Screamature, che torna col suo ventiquattresimo numero. In apertura spazio per il debutto dei vicentini Stegosauro, con il loro connubio accattivante tra midwest emo e math rock, per poi approfondire le ultime fatiche di Lorne Malvo e Penny Coffin, autori rispettivamente di uno screamo viscerale e di un deathgrind monolitico. Nella seconda metà spazio per proposte sempre più spigolose e aggressive con il grindcore dei Bayht Lahm, il mathcore degli Abrupt Decay e il malsano connubio di hardcore, grindcore e black metal dei Taünt.
Articolo a cura di Jacopo Silvestri (Stegosauro, Lorne Malvo), Davide Brioschi (Penny Coffin, Bayht Lahm), e Antonio Sechi (Abrupt Decay, Taünt).
Stegosauro > Stegosauro
(Digital – To Lose La Track, Friends of Mine, Dischi Decenti, Longrail, È Un Brutto Posto Dove Vivere, Troppistruzzi, 1a0)
Pubblicato a fine marzo da una serie di etichette nostrane e dalla giapponese Friends of Mine, l’EP di debutto degli Stegosauro è diretto e allo stesso tempo pieno di sfaccettature, e questa sua natura colpisce nel segno per presentare al meglio la proposta della band vicentina. Le sei tracce si susseguono amalgamando tutti i vari elementi che caratterizzano midwest emo e math rock in un ascolto dinamico, che scorre piacevolmente. Basta l’opener “Jap’n Cazz”, storpiatura di Cap’n Jazz, celebre formazione midwest emo attiva ormai tre decenni fa, per avere una chiara impressione circa il sound del quartetto. Il carattere eclettico delle chitarre è aspetto fondamentale dell’EP, e tra il continuo susseguirsi di arpeggi dinamici ma mai pretenziosi e ritmiche tendenzialmente accattivanti. Appaiono in secondo piano anche tocchi più melanconici tipici dell’emo, ma in contrapposizione a essi prevalgono sensazioni più speranzose e confortanti, come a voler far passare un messaggio di rinascita e consapevolezza, senza soccombere nel malcontento. L’esordio degli Stegosauro con queste sei canzoni mette in luce il potenziale del gruppo da Vicenza, la cui l’esperienza passata o presente di alcuni membri in Decacy e Leita aiuta, dimostrando come la scena nostrana sia particolarmente attiva in questi generi.
Lorne Malvo > Murailles
(CD, 12″ – No Funeral Records, Seaside Suicide Records, Sleepless Owl Records, Remorse Records, No Way Asso, Dingleberry Records)
Tre anni dopo il convincente EP di debutto i francesi Lorne Malvo tornano a dire la loro, con cinque nuovi brani che vanno a comporre un secondo EP: Murailles, pubblicato da una serie di etichette francesi, Dingleberry Records (Germania) e No Funeral Records (Canada) per ora solo in digitale e CD, con edizione in vinile che arriverà a breve. La descrizione del profilo Bandcamp della band transalpina recita “very sad songs played very loudly”, e potrebbero bastare queste sei parole per descrivere la loro proposta. L’energia viscerale e la natura malinconica dei pezzi rubano la scena, lo screamo dei Nostri ha un impatto granitico e chi è avvezzo a queste sonorità difficilmente rimarrà impassibile all’ascolto. Dopo i primi due pezzi più diretti, con “Paris – Le Mans” ed “Ecchymose” i Lorne Malvo dimostrano di che pasta son fatti grazie a due composizioni struggenti. Le incursioni strazianti, tra parti di chitarra in pulito e un cantato urlato, progressivamente prendono il sopravvento e danno a Murailles un tocco in più, sia come elementi a sé stanti che per come si legano con la controparte più sfacciata. Prendendo come riferimento sia il vigore di band come Birds in Row che il lato emotivo dei Daïtro, per fare due esempi rimanendo in Francia, i cinque brani travolgono con il loro impatto, dimostrandosi semplici ma efficaci.
Penny Coffin > Conscripted Morality
(Tape – At War With False Noise, CD – AWWFN, 12″ – Macho Records)
Esistono dal 2021 gli scozzesi Penny Coffin e annoverano già tre EP all’interno della propria discografia. Quello di quest’anno, Conscripted Morality, è un calderone ribollente di deathgrind eccellente: musica assatanata e velocissima, con rullanti e piatti frustati a sangue e chitarre decise e affilate, una produzione molto pulita per il tipo di genere proposto e brani parecchio lunghi, che raggiungono anche gli otto minuti. Dal riff demoniaco di “Predator”, così abrasivo che sembra suonato con una motosega piuttosto che con una chitarra, ai toni più crust/sludge di “Slowdive”, in questo lavoro trovano spazio anime del genere pronte a soddisfarne i fan più disparati. Non aspettatevi però dai Penny Coffin grindcore rapido e ignorante: i pezzi di Conscripted Morality – come già accennato – hanno una durata non indifferente (soprattutto per un album grind) e non passano senza fare vittime, dato l’impegno richiesto a chi ascolta. L’ultima canzone dell’EP, “Conscripted Morality”, è una nera preghiera funebre, che unisce il death marcio dei Morbid Angel e il doom degli Asphyx, a dar vita a un’entità difficilmente definibile e che per contrasto – solo nella struttura, perché i suoni rimangono quelli caratteristici – sposa alla perfezione il resto dell’opera. Un lavoro che definire grindcore (o deathgrind se preferite) è riduttivo e che metterà alla prova, sapendoli però ben ricompensare, i fan del metal tutti.
Bayht Lahm > Widening Autonomy
(Digital – Autoprodotto)
Dal New Jersey il duo Bayht Lahm ci aggredisce con una sfacciata e violentissima dose di grindcore classico, servito in questo Widening Autonomy sottoforma di brevi pasticcini (solo la titletrack supera il minuto e mezzo di durata) dal sapore novantiano. Gli snares e le affilatissime sei corde sono quelle che caratterizzano il grindcore più oltranzista dai tempi di Napalm Death e Repulsion, definendo il suono quadrato e massiccio del lavoro. Brani come “Esperanza”, “Bootlicker Boogie” e “Cult of Domesticity” saranno la gioia di tutti voi coi capelli lunghi: pezzi velocissimi e dalla linea delle pelli che sarebbe un’esagerazione definire scarna, colpi secchi e repentini di batteria e chitarra impossibili da non seguire facendo andare su e giù la testa. Gli ultimi sei minuti di Widening Autonomy sono occupati dalla titletrack, una traccia – ovviamente – più complessa delle precedenti che mischia grindcore e post metal, sovrapponendo a linee chitarristiche più riflessive e atmosferiche il growl e lo scream sgranato che caratterizzano l’intero lavoro. Verso il termine il tutto viene deviato verso un sofisticato death dissonante, terminando il lavoro con una dose non trascurabile di sperimentazione e novità. Mentre la prima parte dell’EP non presenta all’amante del genere nulla di nuovo, l’ultima traccia lo porta a guardare impaziente al futuro della formazione, speranzoso che l’estro sperimentale dei nostri non finisca con Widening Autonomy.
Abrupt Decay > As it Came for me, So Shall Come for You
(Digital – Autoprodotto)
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Gli Abrupt Decay portano ancora avanti la loro opera di maleducazione e martello pneumatico. As it Came for Me, So Shall it Come for You è un ulteriore passo avanti per quanto riguarda la forma del suono di questa band, reso ormai affilato come un rasoio e assolutamente letale. Questo lavoro segna anche quella che potrebbe essere un’evoluzione nell’approccio al proprio sound infatti gli inesti sintetici atti a rendere il tutto ancor più violento e meccanico sono in quantità particolarmente elevate, tanto da dare al tutto un carattere estremamente artificioso, che ci sta nel contesto, ma forse un po’ più di parsimonia avrebbe giovato. Comunque sia è davvero gustoso se si cerca un mathcore brutale e fuori di testa.
Taünt > Demo
(Digital – Autoprodotto)
Beh che dire; che questa demo sia fatta di musica estrema non ci sono dubbi, ma non si tratta di una mera questione produttiva, come si sarebbe portati a pensare; è che qui è tutto incredibilmente marcio. Le voci sono distorte all’inverosimile, la batteria è un qualcosa di così decerebrato da non andare mai fuori dal martellamento ossessivo e senza compromessi. I pochi synth presenti sono indecorosamente orribili e portati a incisione con quella che potrebbe essere una pianola acquistata al negozio di giocattoli, i riff sembrano scritti in preda a una grave crisi aggressiva da allucinogeni. Detto questo si potrebbe pensare a un prodotto da gettare nella pattumiera, ma non me la sento di liquidarlo così; questa sorta di abominevole connubio di hardcore punk, grindcore e black metal risulta talmente disturbante e paranoico che potrebbe centrare in qualche modo una qualche volontà concettuale celata dietro la realizzazione e non solo mera musica. E come fu per un lavoro assolutamente da incubo come Pure Misanthopia degli Stallaggh anche questo forse nasconde dell’intenzione, ma si presume che solo il tempo ce lo potrà dire. Potrebbe benissimo trattarsi di un aborto musicale spontaneo certo, ma non si mai, stiamo a vedere.