Gli Arsenale sono un notevole e narrativo progetto marchigiano, le loro tematiche shoegaze nuotano in orizzonti eclettici e rumorosi, creando un mosaico entusiasmante e di qualità. La band nasce nel 2010 a Macerata, con un’impronta che avvolge tutta la scena indie rock e mette in mostra le diverse influenze dei musicisti, in cui troviamo la mente geniale di Matteo Palmieri (già in forze nel gruppo post-punk Shesgot). L’uscita definitiva in studio viene pubblicata il 26 aprile con il titolo Ore di Buio: un autentico percorso interamente autoprodotto dalla band, dove vengono inserite idee moderne e attuali per descrivere la società e il continuo scontro contro i più deboli. Il risultato sono nove tracce ben orchestrate, con testi in italiano e ritmiche travolgenti.
Il timbro distorto del basso aziona l’iniziale “Fabbrica” su un giro dolce e sentimentale nella voce; dopo un sensibile inizio si accende la ritmica incendiaria di una distorsione ruvida. Sul ritornello poi la melodia diventa più morbida fino a concludersi in un impatto sensazionale. Segue la graffiante “Salnitro (Nazzareno)”, una canzone dormiente che abbraccia le parole malinconiche di un testo caloroso: qui nel giro di basso ripetitivo si sprigiona una purezza unica, che affonda i suoi sentimenti nell’arpeggio stupendo di chitarra, per una traccia soffusa e importante. “Tarkovskij” invece è un brano potente e martellante dove le parole di Matteo esplorano una storia difficile e personale, per poi lasciarsi andare a un sentimento ricercato e drammatico. Il cammino prosegue sulle percussioni decise di “Scogli”, pezzo vicino a sonorità stile Verdena. Qui il bridge vibrante incastra un sound polveroso e impegnativo e lo stesso sound viene affrontato dalle note di “Veglia”, una composizione post-punk aggressiva e avvolgente con intervalli sospesi e irregolari della batteria. La seconda parte del disco si arricchisce con uno dei brani più belli e riusciti, “Gabbiani (Nick Shay)”: un incontro solido e sperimentale, con una narrazione attenta e carismatica, che trasmette un brivido maturo e significativo. Sul tocco finale si materializza un piccolo spazio strumentale godibile e struggente, “Mille anni”, che completa a dovere una poesia calda e lussuosa con un ritmo ampio e frenetico. In questa traccia la chiave principale è la sensazione di grido infinito, come a volersi liberare di qualcosa di scomodo nella propria vita. Prima di concludere veniamo travolti dal tiro aggressivo di “Michele”, una composizione ipnotica che rispecchia la realtà attuale e per finire l’album si arresta sul vortice intenso di “Specchio (Lode a J.L.B.)”, un’ennesima illustrazione interiore e sensoriale, che si infrange nel rumoroso epico finale.
Gli Arsenale danno alla luce un disco prezioso e orecchiabile, e come primo segnale non c’è male. Ora attendiamo anche la loro veste live, che si preannuncia pazzesca e attraente.
(Autoproduzione, 2023)
1. Fabbrica
2. Salnitro (Nazzareno)
3. Tarkovskij
4. Scogli
5. Veglia
6. Gabbiani (Nick Shay)
7. Mille anni
8. Michele
9. Specchio (Lode a J.L.B.)